Bed And Breakfast a Roma:ACQUEDOTTI ANTICHI

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Bed&Breakfast a Roma: Vacanze a Roma

sabato 1 agosto 2009

VISITARE ROMA IN 3 GIORNI:TORNANDO A CASA CON ROMA NEL CUORE

Visitare Roma, la città eterna in soli 3 giorni è un' impresa che richiede una dettagliata pianificazione. Un solo un week-end , un ponte lungo a Roma oppure l'avventura di fare da guida a degli amici possono essere le occasioni nelle quali mettere a frutto il nostro itinerario.
Da Piazza del Popolo fino alle Terme di Caracalla passando per Colosseo, Fontana di Trevi, Piazza di Spagna, una cripta fatta di ossa umane senza tralasciare le indicazioni su dove mangiare alla romana (coda alla vaccinara, carciofi alla giudia, pajata e fritti vari... etc...)...ma soprattutto senza dimenticare il meraviglioso Parco dell'Appia Antica che si trova a 50 metri dal B&B ACQUEDOTTI ANTICHI.


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ROMA PER PRINCIPIANTI..:-)



PRIMO GIORNO

Giorno 1 di 3 - Una romana consiglia:


a) Prima di ogni altra cosa munitevi di Biglietti giornalieri dei mezzi urbani (nel vostro caso vi consiglio BTI (€ 11,00) valido per 3 giorni dalla data della prima timbratura, ovvero fino alle ore 24.00 del terzo giorno compreso quello della timbratura, e per un numero illimitato di viaggi).Dimenticate la macchina che avete parcheggiato sotto al B&B ACQUEDOTTI ANTICHI, accertatevi piuttosto di avere un paio di scarpe comode e resistenti.

b) Sveglia alle 8:30 e fate una sana colazione, al B&B ACQUEDOTTI ANTICHI ne fate di abbondantissime e se vi organizzate potete anche procurarvi panini o altri generi alimentari (frutta, pizza, bibite) al mercato poco distante pagandoli meno della metà di quello che potreste pagarli in giro per la ROMA TURISTICA CLASSICA ..ed anche i nostri ospiti celiaci potranno acquistare panini imbottiti ed altre leccornie al negozio GLUTEN FREE STORE anch'esso a Viale Anicio Gallo.
Fatto tutto?..bene ... si parte..........METRO A FERMATA SUBAUGUSTA (a 300mt dal B&B ACQUEDOTTI ANTICHI a Roma ) si scende a FLAMINIO ed iniziamo il nostro viaggio a Roma!!!









1 -Piazza del Popolo

L'origine del nome della piazza è incerta: c'è un'etimologia che deriva "popolo" dal latino populus (pioppo), sulla base della tradizione che vuole ci fosse, nella zona, un boschetto di pioppi pertinente alla tomba di Nerone, che era lì presso.
È notizia storica, comunque, che papa Pasquale II fece costruire a ridosso delle mura una cappella, a spese del popolo romano (quella su cui poi sarebbe sorta la chiesa attuale di Santa Maria del Popolo): del popolo era la Madonna, del Popolo diventò la piazza.





2 - Piazza di Spagna

Al centro della piazza vi è la famosa Fontana della Barcaccia, che risale al primo periodo barocco, scolpita da Pietro Bernini e da suo figlio, il più celebre Gian Lorenzo Bernini.
All'angolo destro della scalinata vi è la casa del poeta inglese John Keats, che vi visse e morì nel 1821, oggi trasformata in un museo dedicato alla sua memoria e a quella dell'amico Percy Bysshe Shelley, piena di libri e memorabilia del Romanticismo inglese.
All'angolo sinistro c'è, invece, la sala da tè Babington's fondata nel 1893.
Dal lato di via Frattina sorge il Palazzo di Propaganda Fide, di proprietà della Santa Sede. Di fronte alla sua facciata, progettata dal Borromini, svetta la colonna dell'Immacolata Concezione, che fu innalzata due anni dopo la proclamazione del dogma (1852).
La monumentale scalinata di 135 gradini fu inaugurata da papa Benedetto XIII in occasione del Giubileo del 1725; essa venne realizzata (grazie a dei finanziamenti francesi del 1721-1725) per collegare l'ambasciata borbonica spagnola (a cui la piazza deve il nome) alla chiesa di Trinità dei Monti.
Venne progettata sia da Alessandro Specchi che da Francesco De Sanctis dopo generazioni di lunghe ed accese discussioni su come il ripido pendio sul lato del Pincio dovesse essere urbanizzato per collegarlo alla chiesa.
La soluzione finale scelta fu quella di Francesco De Sanctis: una grande scalinata decorata da numerose terrazze- giardino, che in primavera ed estate viene addobbata splendidamente con molti fiori. La sontuosa, aristocratica scalinata, posta all'apice di un lungo asse viario che portava al Tevere, fu disegnata in modo che avvicinandosi gli effetti scenici aumentassero man mano. Tipico della grande architettura barocca era infatti la creazione di lunghe, profonde prospettive culminanti con quinte o sfondi a carattere monumentale. La scalinata è stata restaurata nel 1995.





3 - Fontana di Trevi

Il tema della scultura è il mare. La scenografia è dominata da un cocchio, a forma di conchiglia sul quale è adagiata la grande statua di Oceano di Pietro Bracci, affiancata nelle nicchie laterali dalle statue della Salubrità e dell'Abbondanza, opera di Filippo della Valle; il cocchio è trainato da cavallucci marini, a loro volta preceduti da tritoni. Nella fontana, scultura e architettura barocca si compenetrano e si fondono perfettamente, in un suggestivo spettacolo acquatico.
Una celebre tradizione vuole che porti fortuna lanciare una moneta nella fontana volgendole le spalle, perché in questo modo si tornerà sicuramente nella città. Le monete, raccolte quotidianamente, vengono destinate dal comune di Roma ad opere caritatevoli.
È stata profondamente restaurata nel 1998, quando è stata ripulita ed è stato ammodernato e sistemato anche l'impianto idraulico.





4 - Piazza Colonna

Piazza Colonna è una piazza di Roma che prende il nome dalla Colonna di Marco Aurelio che qui sorgeva sin dall'antichità, e che dà il nome al rione omonimo, Rione Colonna, di cui la piazza fa parte. La piazza, fatta costruire verso la fine del Cinquecento da Papa Sisto V, sorge sulla centralissima Via del Corso, vicino a Montecitorio e il Pantheon, non distante da Piazza Venezia. La pianta della piazza ha forma rettangolare, con al centro la colonna di Marco Aurelio, ed è circondata da alcuni dei più importanti palazzi storici di Roma. Qui, proprio davanti alla colonna, si trova l'entrata di Palazzo Chigi, già sede dell'ambasciata dell'Impero Austro-Ungarico ed oggi sede del Consiglio dei Ministri. Alla sinistra di questo si trova Palazzo Wedekind, storica sede del quotidiano Il Tempo, che presenta un porticato formato da colonne ioniche originarie dell'antica Veio.
Proseguendo in senso orario, vicino alla chiesa dei Santi Bartolomeo e Alessandro dei Bergamaschi si trova Palazzo Ferraioli, appartenuto, tra gli altri, alla famiglia degli Aldobrandini, oggi ospitante le sedi di rappresentanza delle regioni Friuli-Venezia-Giulia e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
Infine, affacciato alla piazza ma anche su Via del Corso, sorge il Palazzo della Galleria Colonna, ora Galleria Alberto Sordi, storico ritrovo della Roma che contava.





4 - Montecitorio

La storia del palazzo inizia nella prima metà del 1600 quando Innocenzo X commissionò a Gian Lorenzo Bernini di realizzare una residenza per la famiglia
Ludovisi.È ancora discussa l'origine del toponimo della modesta altura sulla quale fu costruito il palazzo: c'è chi ritiene che in epoca romana vi si svolgessero le assemblee elettorali (da cui "mons citatorius") e chi pensa che il nome deriverebbe dal fatto che vi venivano scaricati i materiali di risulta della bonifica del vicino Campo Marzio ("mons acceptorius").
Il Bernini, straordinario interprete del barocco romano, realizzò un edificio che, sia nella struttura che nelle decorazioni, si adatta alla morfologia del territorio. La facciata del palazzo, lievemente curva, segue l'andamento della collina artificiale e gli elementi di pietra appena sbozzata, dai quali fuoriescono foglie e rametti spezzati, simulano un edificio costruito nella viva roccia. Morto il papa nel 1655, i lavori dovettero essere
interrotti bruscamente a causa delle difficoltà economiche dei Ludovisi, per essere ripresi più di trent'anni dopo per volere di Innocenzo XII (famoso per il suo antinepotismo), che originariamente intendeva destinare il palazzo come ospizio per i poveri per decidere in seguito di installarvi il massimo organismo dell'amministrazione della giustizia: la Curia Pontificia.
Dopo la morte di Bernini, il progetto passò a Carlo Fontana che modificò profondamente il progetto originale, conservando comunque la caratteristica facciata convessa e aggiungendovi il campanile a vela. La Curia fu inaugurata nel 1696. Oltre ai tribunali pontifici, il palazzo fu anche sede del Governatorato di Roma e della direzione di polizia, assumendo così un ruolo di spicco nella vita giudiziaria e amministrativa del governo pontificio.





5 - Pantheon

Il Pantheon ("tempio di tutti gli dei") è un edificio di Roma antica, costruito come tempio dedicato alle divinità di tutte le religioni. I Romani lo chiamano amichevolmente la Rotonna ("la Rotonda"), da cui il nome della piazza antistante.
All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in chiesa cristiana, chiamata Santa Maria ad Martyres, il che gli ha consentito di sopravvivere quasi integro alle spoliazioni apportate agli edifici della Roma classica dai papi.
Sotto Adriano l'edificio venne interamente ricostruito[6]. I bolli laterizi (marchi di fabbrica annuali sui mattoni) appartengono agli anni 115-127[7] e si può ipotizzare che il tempio venne inaugurato dall'imperatore durante la sua permanenza nella capitale tra il 125 e il 128. Secondo alcuni il progetto, redatto subito dopo la distruzione dell'edificio precedente in epoca traianea, sarebbe attribuibile all'architetto Apollodoro di Damasco. Rispetto all'edificio precedente fu invertito l'orientamento, con l'affaccio verso nord. Il grande pronao e la struttura di collegamento con la cella occupavano l'intero spazio del precedente tempio, mentre la rotonda venne costruita quasi facendola coincidere con la piazza augustea circolare recintata che divideva il Pantheon dalla basilica di Nettuno. Il tempio era preceduto da una piazza porticata su tre lati e pavimentata con lastre di travertino.
L'edificio è costituito da un pronao collegato ad un'ampia cella rotonda per mezzo di una struttura rettangolare intermedia.
All'interno del Pantheon piove, infatti ci sono 22 piccoli tombini lungo il perimetro interno dell'edificio.






6 - Piazza Navona

Piazza Navona, ai tempi dell'antica Roma, era lo stadio di Domiziano che fu costruito dall'imperatore Domiziano nell'85 e nel III secolo fu restaurato da
Alessandro Severo. Era lungo 276 metri, largo 54 e poteva ospitare 30.000 spettatori. Lo stadio era riccamente decorato con statue, una delle quali è quella
di Pasquino (forse una copia di un gruppo ellenistico pergameno che si presume rappresentante Menelao che sorregge il corpo di Patroclo), ora nell'omonima
piazza a fianco di piazza Navona.
Poiché era uno stadio e non un circo, non c'erano i carceres (i cancelli da cui uscivano i cavalli da corsa) né la spina (il muro divisorio intorno a cui correvano i cavalli) come ad esempio il Circo Massimo, ma era tutto libero ed utilizzato per le gare degli atleti. L'obelisco che ora sta al centro della piazza non si trovava lì, ma viene dal circo Massenzio, che stava sulla via Appia.
Il nome della piazza era originariamente "in Agone" (dal latino agones, "giochi") poiché lo stadio era usato solo ed esclusivamente per le gare di atletica. Non è assolutamente vero che piazza Navona veniva usata per le battaglie navali: si tratta di una leggenda metropolitana generata dal fatto che la piazza veniva allagata solitamente nel mese di agosto per lenire il caldo; anticamente la piazza era concava, si bloccavano le chiusure delle tre fontane e l'acqua usciva in modo da allagare la piazza.
Tra il 1810 ed il 1839 nella piazza si tennero le corse al fantino, ossia corse di cavalli montati (che però non avevano parentela con le più famose corse dei barberi di via del Corso).
Piazza Navona è in un certo senso l'orgoglio della Roma barocca, con elementi architettonici e scultorici di maestri come Gian Lorenzo Bernini (la Fontana dei Quattro Fiumi al centro della piazza, che rappresenta il Danubio, il Gange, il Nilo ed il Rio della Plata, i quattro angoli della Terra), Francesco Borromini e Girolamo Rainaldi (Sant'Agnese in Agone, davanti alla fontana del Bernini) e Pietro da Cortona (autore degli affreschi della galleria di Palazzo Pamphilj).
















7 - Piazza Campo de Fiori

Fino al quattrocento la piazza non esisteva in quanto tale, e al suo posto vi era un prato fiorito con alcuni orti coltivati, da cui il nome. Secondo una leggenda, la piazza dovrebbe invece il suo nome a Flora (donna amata da Pompeo, il quale aveva costruito nei pressi il suo teatro).
Nel 1456, Papa Callisto III fece lastricare la zona, nell'ambito di un progetto più ampio di risistemazione dell'intero rione Parione. Questo rinnovamento fece sì che molti palazzi importanti fossero costruiti in zona: in particolare palazzo Orsini, che dava proprio su Campo de' Fiori.
Per questo motivo la piazza divenne un luogo di passaggio obbligato per personalità di spicco quali ambasciatori e cardinali. Ciò portò un certo benessere nella zona: Campo de' Fiori divenne sede di un fiorente mercato dei cavalli che si teneva due volte la settimana (lunedì e sabato), e nei dintorni della piazza sorsero molti alberghi, locande e botteghe di artigiani. La piazza divenne il centro di varie attività sia commerciali sia culturali.
In Campo de' Fiori avevano luogo le esecuzioni capitali e le punizioni con tratti di corda. Giovedì 17 febbraio 1600 vi fu arso vivo il filosofo e frate domenicano Giordano Bruno, accusato di eresia. In ricordo del filosofo, nel 1888 fu realizzato sul luogo stesso del rogo un monumento bronzeo, opera dallo scultore Ettore Ferrari. Dal 1869 la piazza è sede di un vivace e pittoresco mercato, la cui atmosfera popolare è ben resa dal noto film Campo de' fiori del 1943, con Anna Magnani e Aldo Fabrizi.
Campo de' Fiori è l'unica piazza storica di Roma dove non è presente una chiesa.


8 - Piazza San Pietro

Essa è la piazza più vicina, in un certo senso, al cuore del cattolicesimo; inoltre, il grande colonnato ovale è sempre stato considerato la figura di due grandi braccia che avvolgono maternamente i fedeli.
Data la sempre maggiore affluenza, la piazza è diventata (almeno nella bella stagione) la sede abituale di grandi cerimonie liturgiche presiedute dal papa, come le canonizzazioni, il corteo di insediamento dei pontefici neo-eletti, ma anche le esequie del papa, come avvenne nel 2005 per Giovanni Paolo II, di fronte ad una numerosa folla.
È diventato abituale l'appuntamento dell'Angelus Domini, la domenica alle 12.00, quando il papa si affaccia dalla finestra del suo studio, saluta la folla radunata, fa un breve discorso, recita la preghiera dell'Angelus ed impartisce la benedizione.
La piazza fa parte del territorio vaticano, ma è affidata alla pubblica sicurezza dello Stato Italiano. Essendo un palcoscenico d'immenso prestigio mondiale, per evitarne la perenne occupazione abusiva, in essa sono proibite tutte le manifestazioni pubbliche diverse da quelle religiose. Durante la seconda guerra mondiale, i soldati tedeschi occupanti Roma ne presidiavano il perimetro, senza potervi entrare. Il 13 maggio 1981,durante un'udienza
pubblica, il papa Giovanni Paolo II fu colpito dalla pistola di un attentatore, che fu arrestato dalla polizia italiana.
La piazza ovale: Il problema del raccordo tra il trapezio e il tessuto circostante viene dapprima risolto con un «parallelogramma», i cui bordi sono edifici porticati che rispondano ai presupposti economici e funzionali enunciati dalla Congregazione della Fabbrica di san Pietro. Il portico riportava simbolicamente alla tradizionale processione del Corpus Domini, guidata dal papa attraverso le strade vicine del Borgo e protetta da grandi baldacchini. Ma papa Alessandro VII Chigi interviene introducendo l'idea del portico libero e cancella i possibili rientri finanziari, permettendo così a Bernini di ripensare il progetto; nel farlo egli dovette comunque destreggiarsi tra il papa stesso e i prelati della Fabbrica, fino ad attribuire le scelte decisive al pontefice e allo Spirito Santo.
Inizialmente Bernini prevedette un limitato sviluppo della piazza, per non occupare altra area oltre a quella dell'«insula grande» e rispettare i prospetti delle case ad essa antistanti, con l'intenzione di dimostrare così la netta insufficienza della proposta. Con le demolizioni, che inevitabilmente deriveranno dalla redazione definitiva del progetto, il quartiere di Borgo cambierà radicalmente; fino ad allora le sue case si erano spinte oltre l'abside di S. Pietro sul lato meridionale, tra questo e le mura. Le demolizioni per la piazza lo spaccano quasi metà. La trasformazione di Borgo corrispose poi anche a un cambiamento di popolazione: da povero il quartiere divenne aristocratico. E diventò probabilmente anche più romano.
Ma perché l'ovale? Perché non era un'ellisse, di più difficile disegno e realizzazione e inconsueto nell'architettura sacra; e perché l'ovale è l'unione di due semicirconferenze che si intersecano nei rispettivi centri unite da due archi di cerchio, figura geometrica notoriamente cara alla Chiesa per via delle sue implicazioni cosmologiche. L'idea dell'ovale di Bernini-Alessandro VII, in forte contrapposizione alla basilica longitudinale, serviva a reggere la spinta delle sequenza formata dalla chiesa e dal suo sagrato. Bernini sosteneva opportunamente che «la chiesa di S. Pietro, quasi matrice di tutte le altre doveva haver' un portico che per l'appunto dimostrasse di ricever à braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gl'Heretici per riunirli alla Chiesa, e gl'Infedeli per illuminarli alla vera fede», dando così una felice immagine del suo intervento ancor oggi
comunemente riconosciuta ed accettata.
La piazza ovale doveva però essere ricavata in un pendio, su cui l'obelisco era già ricavato ad una quota non modificabile. Nella primitiva soluzione ad arcate si era pensato di far assorbire il dislivello dal basamento, lasciando l'ordine architettonico orizzontale. Nella soluzione definitiva il colonnato corre su un piano inclinato in modo impercettibile e sollevato di tre gradini uniformi; la sua tessitura, formata da elementi uguali, è deformata a
parallelogramma da pavimento a soffitto.
La scelta del "triplo portico" era legata all'uso processionale, ma era anche un tema evocabile dall'Antico Testamento, dove il cortile del Tempio di Dio viene descritto da Ezechiele come porticus incta portici triplici (Ez 42, 3). Infine, potrebbe evocare il mistero della Trinità. In più l'altezza del portico, senza ulteriori costruzioni soprastanti, non avrebbe impedito al popolo la veduta del palazzo residenza del papa e a lui di veder loro e di
benedirli. E la concavità della piazza produce l'effetto «teatro» (così definito nei documenti): quando è piena di gente, permette alla folla di veder se stessa, come in una cavea.
Altri particolari: il prospetto a est di Palazzo Nuovo (la residenza papale) si trova ad essere uno dei raggi dell'emiciclo settentrionale;
la testata libera (quella verso est) dell'emiciclo Nord è parallela al prospetto meridionale dello stesso Palazzo Nuovo.
Il corridoio centrale viene interrotto da risalti con colonne aggettanti, che spezzano la linearità dell'emiciclo; dietro ad esse vi sono dei pilastri, ma al centro dell'emiciclo l'interno del corridoio risulta scorciato, a differenza delle colonne perfettamente allineate. Con la posizione delle fontane, che si frappongono tra l'osservatore e gli avancorpi, Bernini dissimula l'incongruenza (la fontana a nord era stata rinnovata dal Maderno, quella "gemella" a
sud fu fatta da lui stesso, con Matthia De' Rossi).
La lunga teoria delle 162 statue di santi – ognuno in corrispondenza di una colonna, come tante singole colonne trionfali – rappresenta la «ecclesia triunphans» in relazione alla «ecclesia militans» cioè la folla dei fedeli in preghiera nella piazza. Le dimensioni delle sculture – realizzate da collaboratori di Bernini sotto la sua supervisione, con modelli dal vero provati sulla piazza – sono esattamente la metà di quelle sulla facciata della basilica, rappresentanti i dodici apostoli e un Gesù di mano berniniana (la cui croce è sulla retta di quella della cupola retrostante e di quella dell'obelisco antistante). Dimensioni: 198 X 148 metri.
La chiusura è prevista alle ore 18.00











9 - Castel S.Angelo

Iniziato dall'imperatore Adriano nel 125 quale suo mausoleo funebre, ispirandosi all'ormai completo mausoleo di Augusto, fu ultimato da Antonino Pio nel 139. Venne costruito di fronte al Campo Marzio al quale fu unito da un ponte appositamente costruito, il Ponte Elio. Il mausoleo era composto da una base
cubica, rivestita in marmo lunense, avente un fregio decorativo a teste di buoi (Bucrani) e lesene angolari. Nel fregio prospiciente il fiume si leggevano i nomi degli imperatori sepolti all'interno. Sempre su questo lato si presentava l'arco d'ingresso intitolato ad Adriano, il dromos (passaggio d'accesso) era interamente rivestito di marmo giallo antico.
Al di sopra del cubo di base era posato un tamburo realizzato in peperino e in opera cementizia (opus caementicium) tutto rivestito di travertino e lesene scanalate. Al di sopra di esso vi era un tumulo di terra alberato circondato da statue marmoree (ce ne restano frammenti). Il tumulo era, infine, sormontato da una quadriga in bronzo guidata dall'imperatore Adriano raffigurato come il sole posto su un alto basamento o,secondo altri, su una tholos circolare. Attorno al mausoleo correva un muro di cinta con cancellata in bronzo decorata da pavoni, due di essi sono conservati al Vaticano.
All'interno pozzi di luce illuminavano la scala elicoidale in laterizio rivestita in marmo che collegava il dromos alla cella posta al centro del tumulo. Quest'ultima, quadrata ed interamente rivestita di marmi policromi ed era sormontata da altre due sale, forse anche esse utilizzate come celle sepolcrali.
Il Mausoleo ospitò i resti dell'imperatore Adriano e di sua moglie Sabina, dell'imperatore Antonino Pio, di sua moglie Faustina maggiore e di tre dei loro figli, di Lucio Elio Cesare, di Commodo, dell'imperatore Marco Aurelio e di altri tre dei suoi figli, dell'imperatore Settimio Severo, di sua moglie Giulia Domna e dei loro figli e imperatori Geta e Caracalla.
Il castello ha preso il suo nome attuale nel 590. Quell’anno Roma era afflitta da una grave pestilenza, per allontanare la quale venne organizzata una solenne processione penitenziale cui partecipò lo stesso papa Papa Gregorio I. Quando la processione giunse in prossimità della Mole Adriana, il papa ebbe la visione dell'arcangelo Michele che rinfoderava la sua spada. La visione venne interpretata come un segno celeste preannunciante l’imminente fine dell’epidemia, cosa che effettivamente avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare Castel S. Angelo la Mole Adriana e a ricordo del prodigio nel XIII secolo posero sullo spalto più alto del Castello un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora oggi nel Museo Capitolino è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi che secondo la tradizione sarebbero quelli lasciate dall’Arcangelo quando si fermò per annunziare la fine della peste.






SECONDO GIORNO


Giorno 2 di 3 - Una romana consiglia:



a) anche oggi sveglia alle 8:30... colazione abbondante , panini,scarpe comode...e via METRO A FERMATA SUBAUGUSTA ma oggi si scende a REPUBBLICA e dopo aver percorso a piedi tutta via Nazionale ( che alla fine diventa Via 4 novembre) arriviamo a Piazza Venezia.



1 - Piazza Venezia e Vittoriano

L'aspetto attuale della piazza deriva largamente dagli interventi di demolizione e ricostruzione realizzati tra la fine
dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Va ricordato in particolare il Vittoriano, costruito appunto a cavallo dei due
secoli, colossale monumento a Vittorio Emanuele II (spesso erroneamente identificato con l'Altare della Patria, che
in realtà ne è solo una parte), scherzosamente soprannominato Macchina per scrivere. Per realizzare l'enorme
complesso si dovettero abbattere antiche costruzioni, tra cui il monastero dell'Aracoeli; negli anni trenta venne
spostato il palazzetto Venezia che, saldato all'angolo sudorientale di palazzo Venezia si frapponeva tra il
monumento e la piazza, e uno dei più bei palazzi di Roma, la lussuosa residenza dei Torlonia. Il Vittoriano conserva i
resti del Milite Ignoto, a ricordo dei soldati caduti senza degna sepoltura, vegliati incessantemente da due militari e
da una fiamma sempre accesa. Il complesso del Vittoriano ospita periodicamente importanti mostre, oltre al
Sacrario delle bandiere.






2 - Campidoglio

Il Campidoglio detto anche Monte Capitolino (Mons Capitolinus) è uno dei sette colli su cui venne fondata Roma.





3 - Foro Romano

Il Foro Romano (Forum Romanum, sebbene i Romani si riferissero ad esso più spesso come Forum Magnum o semplicemente Forum) era situato nella valle compresa tra il Palatino ed il Campidoglio e costituì il centro commerciale, religioso e politico della città di Roma. La valle del Foro, paludosa e inospitale, venne utilizzata tra X e VII secolo a.C. come necropoli dei primi villaggi stanziati sulle colline circostanti. Secondo lo storico Tacito la piana del Foro come pure il vicino colle del Campidoglio furono aggiunti alla Roma quadrata (Palatino) di Romolo da Tito Tazio.[1] Solamente verso il 600 a.C., ad opera del re etrusco Tarquinio Prisco, venne drenata con la costruzione della Cloaca Massima e ricevette una pavimentazione in tufo; la piazza di forma rettangolare nacque come luogo di mercato oltre che per lo svolgimento della vita politica e giudiziaria, in un punto centrale della città verso cui convergevano molte importanti strade, la più importante delle quali era la Via Sacra, che correva dalle pendici del Campidoglio fino all'Arco di Tito.

Periodo imperiale:

La sistemazione definitiva dei Fori, avviata da Cesare, venne completata sotto Augusto: la piazza assunse una maggiore regolarità con la costruzione delle due grandi basiliche (Emilia e Giulia) sui lati lunghi, i nuovi Rostra sul lato della piazza in direzione del Campidoglio e il nuovo tempio del Divo Giulio, dedicato nel 29 a.C. da Augusto dopo la morte e la divinizzazione di Cesare. Il lato breve a sud-ovest si trovò ad essere sistemato col tempio dei Divo Giulio incorniciato dall'Arco partico di Augusto e dal portichetto dell'Arco di Gaio e Lucio Cesari, escludendo alla vista i venerandi monumenti della Regia e del tempio di Vesta. Questa scelta va inquadrata nel periodo "cesariano" della politica di Augusto, prima della più prudente fase della restaurazione conservatrice.

A questa nuova fase edilizia imperiale sono da ricondurre anche le ricostruzioni dei templi della Concordia, rifatto da Tiberio nel 10 a.C. quasi a voler cancellare i segni della passata stagione delle guerre civili, e dei Castori (7 a.C.), di dimensioni grandiose e da mettere in relazioni coi fratelli Tiberio e Druso in parallelo coi mitici fratelli Dioscuri[2]. Al 2 d.C. risale l'iscrizione dedicatoria per Lucio Cesare, figlio ed erede designato di Augusto, posta ad una estremità della Basilica Emilia: i portici antistanti la basilica stessa erano infatti stati dedicati a Lucio e al fratello Gaio Cesare.

Alla fine la piazza ricostruita traboccava di edifici legati, nel nome o nella simbologia o nel sovvenzionamento dei restauri, alla Gens Iulia.

Di epoca flavia è la costruzione del Tempio di Vespasiano, vicino a quello della Concordia. Al di fuori dell'area del Foro propriamente detta fu contemporaneamente edificato l'arco di Tito, sulla Via Sacra verso la Velia, probabilmente voluto da Domiziano, Nella stessa area, davanti alla successiva basilica di Massenzio sono gli Horrea Vespasiani, i magazzini voluti dall'imperatore Vespasiano, di cui rimangono solo alcuni resti.

Del II secolo sono le costruzioni del Tempio di Antonino e Faustina, poi inglobato dalla chiesa di San Lorenzo in Miranda. Il Tempio di Venere e Roma, costruito da Adriano, si affaccia verso la valle del Colosseo.

Agli inizi del III secolo fu eretto sul percorso della via Sacra l'arco di Settimio Severo. Agli inizi del III secolo fu eretto sul percorso della via Sacra l'arco di Settimio Severo.

Sotto Diocleziano ai numerosi monumenti che allora dovevano ingombrare l'area della piazza, si aggiunsero cinque colonne su alti basamenti in muratura, che dovevano celebrare la Tetrarchia. Nel IV secolo fu costruita la basilica di Massenzio, terminata da Costantino I. Sotto Massenzio venne riadattato un ingresso rotondo per il Tempio della Pace, che doveva già essere in via di abbandono, per farne il tempio del Divo Romolo, dedicato al figlio, Valerio Romolo, morto prematuramente. A seguito della sconfitta dell'usurpatore Magnenzio (352), il praefectus urbi Nerazio Cereale dedicò una statua all'imperatore Costanzo II, la cui base è ancor oggi visibile a fianco dell'arco di Settimio Severo, in direzione della Curia.

Di epoca flavia, ma restaurato nel 367, è il portico degli Dei Consenti, a ridosso del Campidoglio, interessante testimonianza dell'ultimo paganesimo insieme all'ultima ricostruzione del tempio di Saturno.

Nel V secolo la facciata dei Rostra fu prolungata verso nord-est: la parte nuova venne costruita in mattoni assai rozzamente, ed anche questa ornata di rostra, per fissare i quali furono praticati dei buchi ancora osservabili. Una epigrafe,[3] su di una sola riga, riporta la costruzione da parte del praefectus urbi, Giunio Valentino, sotto gli imperatori Leone I ed Antemio (circa 470), in occasione di una vittoria navale contro i Vandali, da cui la struttura prende il nome di Rostri vandalici.[4]

Al 608 risale l'ultimo monumento eretto nei Fori: si tratta della Colonna di Foca, posta per ordine del Senato romano allo scopo di onorare l'imperatore Foca.



4 - Colosseo

Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio o semplicemente come Amphitheatrum, è il più famoso anfiteatro romano, ed è situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere fino a 50.000 spettatori, è il più grande e importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia giunto fino a noi.[1]

L'anfiteatro fu edificato su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. e fu inaugurato da Tito nell'80 d.C., con ulteriori modifiche apportate durante il regno di Domiziano. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Il nome "Colosseo", che deriva dalla vicina statua del Colosso del Dio Sole (adattamento del Colosso di Nerone), si diffuse solo nel medioevo. Ben presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago del popolo. Oggi è un simbolo della città e una delle sue maggiori attrazioni turistiche.

Era usato per gli spettacoli gladiatòri e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). Esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale.

L'edificio forma un'ellisse di 527 m di circonferenza, con assi che misurano 187,5 m per 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 m per 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge i 48,5 m, ma originariamente arrivava ai 52 m.

Il Colosseo, come tutto il centro storico di Roma, è stato inserito nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO nel 1980. Nel 2007 il complesso è stato anche inserito fra le Sette meraviglie del mondo moderno nell'ambito di un controverso concorso.






5 - Circo Massimo

Il Circo Massimo è un antico circo romano, dedicato alle corse di cavalli, costruito a Roma.

Situato nella valle tra il Palatino e l'Aventino, è ricordato come sede di giochi sin dagli inizi della storia della città: nella valle sarebbe avvenuto il mitico episodio del ratto delle Sabine, in occasione dei giochi indetti da Romolo in onore del dio Consus. Di certo l'ampio spazio pianeggiante e la sua prossimità all'approdo del Tevere dove dall'antichità più remota si svolgevano gli scambi commerciali, fecero sì che il luogo costituisse fin dalla fondazione della città lo spazio elettivo in cui condurre attività di mercato e di scambi con altre popolazioni, e - di conseguenza - anche le connesse attività rituali (si pensi all'Ara massima di Ercole) e di socializzazione, come giochi e gare.







6 - Bocca della verità

La Bocca della Verità è un antico mascherone in marmo pavonazzetto, murato nella parete del pronao della chiesa di Santa Maria in Cosmedin di Roma dal 1632.

La scultura, databile attorno al I secolo, ha un diametro di 1,75 m e un peso calcolato di circa 1300 Kg. Rappresenta un volto maschile barbato nel quale occhi, naso e bocca sono forati e cavi. Il volto è stato interpretato nel tempo come raffigurazione di vari soggetti: Giove Ammone, il dio Oceano, un oracolo o un fauno.

Anche le sue funzioni sono incerte: fontana o tombino di impluvium o addirittura di cloaca (ipotesi quest'ultima legata probabilmente alla vicinanza del sito alla Cloaca Massima, in questo ultimo caso rappresenterebbe il più antico chiusino noto in Italia).

Quel che è certo, invece, è che il mascherone gode di fama antica e leggendaria: si presume sia questo l'oggetto menzionato nell'XI secolo nei primi Mirabilia Urbis Romae[1] (una guida medievale per pellegrini), dove alla Bocca viene attribuito il potere di pronunciare oracoli. In essa si dice Ad sanctam Mariam in Fontana, templum Fauni; quod simulacrum locutum est Iuliano et decepit eum ("Presso la chiesa di santa Maria in Fontana si trova il tempio di Fauno. Questo simulacro parlò a Giuliano e lo ingannò").

Un testo tedesco del XII secolo racconta un mito avverso all'imperatore restauratore del paganesimo: descrive dettagliatamente come, da dietro quella bocca, il diavolo - qualificatosi come Mercurio (non a caso protettore dei commerci e anche degli imbrogli) - trattenesse lungamente la mano di Giuliano (che aveva truffato una donna e su quell'idolo doveva giurare la propria buona fede), promettendogli infine riscatto dalla figuraccia e grandi fortune se avesse rimesso in auge le divinità pagane.

Nel medioevo si fa strada la leggenda che fu Virgilio mago a costruire la Bocca della Verità, ad uso dei mariti e delle mogli che avessero dubitato della fedeltà del coniuge.

Nel XV secolo viaggiatori italiani e tedeschi ricordano non del tutto increduli questa pietra "che si chiama lapida della verità, che anticamente aveva virtù di mostrare quando una donna avessi fatto fallo a suo marito".[2]

In un'altra leggenda tedesca del XV secolo ritroviamo l'immagine che "non osa" mordere la mano di una imperatrice romana che - benché avesse effettivamente tradito il suo imperiale consorte - la inganna con un artificio logico.

Una storia simile che circolava nei racconti popolari, parlava di una donna infedele che, condotta dal marito giustamente sospettoso alla Bocca della Verità per essere sottoposta alla prova, riuscì a salvare la sua mano con una astuzia. Infatti la donna incriminata disse all'amante di presentarsi anche lui nel giorno in cui sarebbe stata sottoposta alla prova e che, fingendosi pazzo, la abbracciasse davanti a tutti. L'amante eseguì perfettamente quanto da lei richiesto. Così la donna, al momento di infilare la sua mano nella Bocca, poté giurare tranquillamente di essere stata abbracciata in vita sua solo da suo marito e da quell'uomo che tutti avevano visto. Avendo detto la verità, la donna riuscì a ritirare indenne la sua mano dalla tremenda Bocca, benché fosse colpevole di adulterio.

Il nome "Bocca della verità" compare nel 1485 e la scultura rimase da allora costantemente menzionata tra le curiosità romane, venendo frequentemente riprodotta in disegni e stampe. Da questi ricaviamo che era in origine collocata all'esterno del portico della chiesa; fu spostata nel portico con i restauri voluti da papa Urbano VIII Barberini nel 1631.

Dalle file di turisti che ancor oggi aspettano di farsi fotografare con la mano nella bocca "magica", si può ritenere che continui ad essere inserita nelle guide e nei tours anche più frettolosi.






TERZO GIORNO

Giorno 3 di 3 - Una romana consiglia:



a)terzo giorno sveglia alle 8:00... colazione abbondante , panini,scarpe comode...e via METRO A FERMATA SUBAUGUSTA anche oggi si scende a REPUBBLICA si percorre Via nazionale per 500 metri circa si gira a destra a via della Consulta per arrivare a ...



1 -Colle del Quirinale e Palazzo

Il Colle Quirinale (in latino, Collis Quirinalis) è uno dei sette colli su cui venne fondata Roma. Con questo nome viene anche indicata la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica che ha sede nel palazzo omonimo.

Le origini del Palazzo:

Nel 1583 papa Gregorio XIII iniziò la costruzione di una residenza estiva, in un'area considerata più salubre del colle Vaticano o del Laterano, che venne affidata all'architetto Ottaviano Mascarino. I lavori si conclusero nel 1585, e quello stesso anno la morte del Papa impedì ad Ottaviano Mascarino di avviare un secondo progetto che prevedeva l'ampliamento del palazzetto per trasformarlo in un grande palazzo con ali porticate parallele e grande cortile interno. L'edificio costruito da Mascarino è ancora riconoscibile nella testata nord del cortile d'Onore, caratterizzata da una facciata a doppia loggia e sormontata dalla torre panoramica oggi nota come torre dei venti, o torrino, successivamente innalzata con la costruzione del campanile a vela su supposto progetto di Carlo Maderno e Francesco Borromini.

L'edificio di Ottaviano Mascarino era stato costruito su un terreno ancora appartenente alla famiglia Carafa affittato a Luigi d'Este, al quale pare che il Papa volesse lasciare il palazzetto. Pertanto papa Sisto V nel 1587 fece acquistare il terreno dalla Camera Apostolica e solo dopo intervenne per ampliare il palazzo servendosi dell'opera di Domenico Fontana, da lui utilizzato in tutte le grandi opere architettoniche e urbanistiche del suo pontificato, e impegnato in un rimodellamento complessivo della zona, con la costruzione dell'asse Strada Pia e Strada Felice e del conseguente crocicchio delle Quattro Fontane e con la definizione dell'altra residenza "privata" del Pontefice a Termini.









2 - La Cripta dei Cappuccini

Qui furono sepolti i frati cappuccini fino al 1870. Il sepolcreto nella Cappella per la Messa era riservato alla sepoltura dei poveri. Data la ristrettezza del luogo e l'elevato numero dei frati ospiti nell'attiguo convento internazionale, era necessario riesumare le salme periodicamente: le ossa venivano conservate nell'ossario, che poi per necessità dovette essere adibito anche a sepoltura. Si calcola che vi siano i resti di circa 3.700 persone. Verso la metà del 1700, con interventi successivi, questo luogo di sepoltura, di preghiera e di riflessione per i cappuccini che vi scendevano ogni sera prima di andare a riposare - è stato trasformato in un'opera d'arte.
Nel 1775 il Marchese de Sade lo visitò e ne lasciò una suggestiva descrizione, come fecero, poi, altri scrittori stranieri.

Chiesa dell'Immacolata in via V. Veneto, 27
Convento dei frati cappuccini - Roma

C'è un' offerta obbligatoria... che serve a finanziare le spese di mantenimento della  Cripta , prima ce la si cavava con un euro ma si sa che l'inflazione aumenta e quindi l'offerta subisce di tanto in tanto delle variazioni in alto!








3 - Terme di Caracalla

Le Terme di Caracalla o Antoniniane (dal nome della dinastia degli Antonini), costituiscono uno dei più grandiosi esempi di terme imperiali di Roma, essendo ancora conservate per gran parte della loro struttura e libere da edifici moderni. Furono volute dall'imperatore CaracallaAventino, tra il 212 e il 217, come dimostrano i bolli laterizi[1]. Le terme erano grandiose, ma destinate a un uso di massa per il popolino dei vicini quartieri popolari della XII Regio.

Le Terme di Caracalla potevano accogliere più di 1.500 persone. Nella sua più ampia estensione, recinto compreso, l'edificio misurava 337x328 metri (comprendendo le esedre anche 400 metri), e il solo corpo centrale 220x114 metri, con la sola stanza del calidarium che arrivava a 140 metri: solo le terme di Diocleziano saranno più grandi. L'orientamento non era centrato sugli assi, ma come nelle Terme di Traiano sfruttava al meglio l'esposizione solare, ponendo il calidarium sul lato sud e sporgente come un avancorpo.

Il complesso aveva un complesso reticolo di ambienti sotterranei, dove si trovavano le stanze di servizio che permettevano una gestione pratica del complesso termale del tutto nascosta agli occhi dei frequentatori. In uno dei sotterranei presso l'esedra di nord-ovest venne installato un mitreo, il più grande ritrovato a Roma, al quale si accede dall'esterno del recinto.

Lungo viale delle Terme di Caracalla si incontrano le maestose rovine delle antiche terme, la chiesa di SS. Nereo e Achilleo e la chiesa di S. Sisto.

Dal 1938 fino al 2000 l'area del calidarium delle Terme di Caracalla, è stata sede estiva di concerti e rappresentazioni liriche del Teatro dell'Opera.




SI TORNA AL B&B ACQUEDOTTI ANTICHI CI SI RIPOSA E LA SERA........ si va a TRASTEVERE oppure al GHETTO

4 - TRASTEVERE

Trastevere (in dialetto trasteverino: Trestevere) è il XIII rione di Roma, anche identificato come Settore G nella mappa delle Zone a Traffico Limitato ZTL della città; si trova sulla riva ovest (riva sinistra) del fiume Tevere, a sud della Città del Vaticano. Il suo nome deriva dal latino trans Tiberim (al di là del Tevere), che era già il nome antico della regione augustea.

Al tempo delle origini di Roma (754-509 a.C.), la zona di Trastevere era una terra ostile che apparteneva agli Etruschi. Roma la occupò per poter sorvegliare il fiume da ambo i lati. In ogni caso aveva solo una importanza strategica, Roma non aveva interesse ad estendersi urbanisticamente su quel lato, infatti, Trastevere era collegato al resto della città solo da un debole ponte di legno, il Sublicio.

In età repubblicana, le zone vicino al fiume si popolarono di quei lavoratori che avevano a che fare con il fiume, come marinai e pescatori, e ci fu una grande affluenza di immigrati orientali, principalmente ebrei e siriani. Per questo nella zona sorsero alcuni templi di culti orientali.

La considerazione della zona come parte della città inizia con l'imperatore Augusto, che divise il territorio di Roma in 14 regioni; l'attuale Trastevere era la quattordicesima ed era chiamata regio transtiberina. Tuttavia, tale regione era ancora al di fuori della città vera e propria, almeno fino all'imperatore Aureliano (270-275 d.C.), che fece estendere le mura per includere anche Trastevere, insieme al monte Vaticano.

Grazie al benessere del periodo imperiale, molte personalità decisero di costruire la propria villa in Trastevere: quella di Clodia, amica di Catullo, e quella di Gaio Giulio Cesare (Horti Caesaris).

Il Trastevere del medioevo aveva vie strette, tortuose e irregolari; inoltre, a causa dei mignani, avancorpi sporgenti lungo le facciate delle case, non c'era spazio sufficiente per il passaggio dei carri. Alla fine del '400 tali mignani furono demoliti, ma nonostante ciò Trastevere rimase un labirinto di viottoli.

Forte era il contrasto tra le ricche e possenti abitazioni dei signori e le casupole delle persone più povere.

Le strade non ebbero alcun tipo di lastricazione fino alla fine del '400 grazie all'intervento di Papa Sisto IV, che fece pavimentare alcune strade prima con mattoni di laterizi messi a spina di pesce, poi con i sampietrini, più adatti alle ruote dei carri. Un cambiamento ci fu nel 1586 con Papa Sisto V, che fissò i quattordici rioni di Roma. In tale suddivisione Trastevere era il XIII e ad esso era stato incorporato anche il rione Borgo.

Grazie al parziale isolamento (si trovava al di là del Tevere) e all'ambiente multiculturale fin dal tempo dell'antica Roma, gli abitanti di Trastevere, chiamati trasteverini, venivano a formare quasi una popolazione a sé stante: popolani di nota tenacia, fierezza e genuinità. Inoltre, le donne erano considerate molto belle, con occhi e capelli molto scuri e dai bei lineamenti.

Nel 1744 Papa Benedetto XIV compì una revisione della delimitazione dei rioni, dando a Trastevere gli attuali confini.

Dopo il 1870 furono costruiti i muraglioni per bloccare le inondazioni del Tevere: ciò portò sicuramente una maggiore sicurezza a prezzo della distruzione di tutti i posti più caratteristici che si trovavano sulla riva. Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento ebbe discreta fama nel rione e nella città la figura di Romeo Ottaviani detto er Tinèa, bullo, er più de Trastevere, morto accoltellato in via del Moro.

Oggi Trastevere mantiene ancora il suo carattere grazie alle strade tortuose coperte di sampietrini su cui si affacciano case popolari medioevali. La notte si riempie di persone, sia italiane che straniere, grazie alla ricchezza di ristoranti e pub per ogni fascia di prezzo.

È uno dei quartieri più vivi, caratteristici e autosufficienti della città. Offre ristoranti tipici romani (molto famosi il goliardico Cencio La parolaccia per via degli insulti reciproci, Il Rugantino e da Gigetto) e pizzerie ma anche cinema, mercati (quello di San Cosimato è stato ristrutturato proprio di recente), banche, farmacie, supermercati, botteghe di ogni tipo e negozietti eleganti.

Altro tratto che caratterizza la zona il monumento a Gioachino Belli, emblema trasteverino.


5 - IL GHETTO

l 12 luglio del 1555 il papa Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa, con la bolla Cum nimis absurdum, revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò l'istituzione del ghetto, chiamato "serraglio degli ebrei", facendolo sorgere nel rione Sant'Angelo accanto al Teatro di Marcello. Fu scelta questa zona perché la comunità ebraica, che nell'antichità classica viveva nella zona dell'Aventino e, soprattutto, in Trastevere, vi dimorava ormai prevalentemente e ne costituiva la maggioranza della popolazione.
Oltre all'obbligo di risiedere all'interno del ghetto, gli ebrei, come prescritto dal paragrafo tre della bolla, dovevano portare un distintivo che li rendesse sempre riconoscibili: un berretto gli uomini, un altro segno di facile riconoscimento le donne, entrambi di colore glauco[1] (glauci coloris). Nel paragrafo nove, inoltre, veniva loro proibito di esercitare qualunque commercio ad eccezione di quello degli stracci e dei vestiti usati.
Inizialmente erano previste due porte che venivano chiuse al tramonto e riaperte all'alba. Il numero degli accessi, aumentando l'estensione e la popolazione del ghetto, fu successivamente ampliato a tre, a cinque e poi ad otto.
Nel 1572 papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni, impose agli ebrei romani l'obbligo di assistere settimanalmente, nel giorno di sabato, a prediche al fine di convertirli alla religione cattolica. Queste "prediche coatte" si tennero, nel corso dei secoli, con risultati invero assai modesti, in sedi diverse, tra le quali: Sant'Angelo in Pescheria, San Gregorio al Ponte Quattro Capi (ora San Gregorio della Divina Pietà) e nel Tempietto del Carmelo. L'obbligo fu revocato solamente nel 1848 da Pio IX. Secondo quanto afferma un'antica tradizione gli ebrei si preparavano all'ascolto tappandosi le orecchie con la cera (la scena è rievocata nel film Nell'anno del Signore di Luigi Magni).
Il 6 ottobre 1586, con il motu proprio Christiana pietas, papa Sisto V revocò alcune restrizioni e consentì un piccolo ampliamento del quartiere che raggiunse un'estensione di tre ettari.
Le vicende della Rivoluzione francese e delle conquiste napoleoniche, sia pure con anni di ritardo e per un periodo limitato, modificarono le condizioni di vita degli ebrei romani. Il 10 febbraio 1798 le truppe francesi, comandate dal generale Berthier, entrarono in città. Il 15 febbraio venne proclamata la Prima Repubblica Romana, il 17 dello stesso mese all'interno del ghetto, in piazza delle Cinque Scole, fu eretto un "albero della libertà", il 20 papa Pio VI fu costretto a lasciare Roma ed il giorno dopo, a Monte Cavallo[3], il comandante francese proclamò la parità di diritti degli ebrei e la loro piena cittadinanza.
Tale condizione ebbe breve durata: nel 1814, con il definitivo ritorno del nuovo pontefice Pio VII, gli ebrei furono nuovamente rinchiusi nel ghetto.
Nel 1825, durante il pontificato di papa Leone XII, il ghetto, la cui popolazione era considerevolmente aumentata[4], venne ulteriormente ingrandito.
Il 17 aprile 1848, papa Pio IX ordinò di abbattere il muro che circondava il ghetto. Con la proclamazione della Repubblica Romana, nel 1849, la segregazione fu abolita e gli ebrei emancipati. Caduta la Repubblica, lo stesso pontefice obbligò gli ebrei a rientrare nel quartiere sia pure ormai privo di porte e recinzione.
Il Regno d'Italia
Il 20 settembre 1870 toccò ad un ufficiale ebreo piemontese l'onore di comandare la batteria dei cannoni che aprì una breccia nelle mura di Roma a Porta Pia, con l'annessione della città al Regno d'Italia, terminò il potere temporale dei papi, il ghetto fu definitivamente abolito e gli ebrei equiparati agli altri cittadini italiani.


Lapide commemorativa della deportazione del 16 ottobre 1943
Nel 1888, con l'attuazione del nuovo piano regolatore della capitale, buona parte delle antiche stradine e dei vecchi edifici del ghetto, malsani e privi di servizi igienici, furono demoliti creando così tre nuove strade: via del Portico d'Ottavia (che prendeva il posto della vecchia via della Pescheria), via Catalana e via del Tempio. Sono scomparsi in questo modo interi piccoli isolati e strade che costituivano il vecchio tessuto urbano del rione, sostituiti da ampi spazi e quattro nuovi isolati più ordinati ma anche meno caratteristici. Per avere un'idea di come doveva apparire il vecchio ghetto basta osservare la fila di palazzi che si trovano sul lato di via del Portico d'Ottavia, accanto a ciò che rimane dell'antico complesso augusteo.
Nel 1889 venne indetto un concorso per la costruzione della nuova sinagoga e selezionati due progetti. Nel 1897 la Comunità ebraica acquistò dal Comune di Roma l'area tra Lungotevere Cenci e via del Portico d'Ottavia, resa libera dalle precedenti demolizioni, per la costruzione del tempio. Nel 1899 venne scelto il progetto degli architetti Osvaldo Armanni e Vincenzo Costa, ispirato a motivi assiro-babilonesi e dell'Art Nouveau. I lavori, iniziati nel 1901, terminarono nel 1904 ed il 29 luglio dello stesso anno il Tempio Maggiore di Roma fu inaugurato. Nel seminterrato dell'edificio ha trovato recentemente sistemazione il Museo ebraico.
All'alba di sabato 16 ottobre 1943, un centinaio di soldati tedeschi, dopo aver circondato il quartiere, catturarono 1022 ebrei, tra cui circa 200 bambini. I prigionieri furono rinchiusi nel Collegio Militare di Palazzo Salviati in via della Lungara. Trasferiti alla stazione ferroviaria Tiburtina, furono caricati su un convoglio composto da 18 carri bestiame. Il convoglio, partito il 18 ottobre, giunse al campo di concentramento di Auschwitz il 22 ottobre. Soltanto 17 deportati riusciranno a sopravvivere, tra questi una sola donna e nessun bambino.

Il 13 aprile 1986, Giovanni Paolo II si recò in visita al Tempio Maggiore, accolto dal presidente della Comunità ebraica di Roma Giacomo Saban e dal rabbino capo Elio Toaff. Nel suo discorso definì gli ebrei "... i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori"; il pontefice si ricordò di questa visita nella scrittura del suo testamento.
Il 17 gennaio 2010 papa Benedetto XVI ha visitato il Tempio Maggiore rinsaldando il dialogo ebraico-cattolico e rendendo omaggio alle vittime dello sterminio nazista.

Estensione

La zona che i romani oggi indicano come Ghetto è all'incirca delimitata da Via Arenula, Via dei Falegnami, Via de' Funari, Via della Tribuna di Campitelli, Via del Portico d'Ottavia e Lungotevere de' Cenci.
Il Ghetto storico era invece molto più ristretto e situato all'incirca tra le attuali Via del Portico d'Ottavia, Piazza delle Cinque Scole ed il Tevere.
La sorte di quella zona venne decisa nel 1875, quando il Parlamento deliberò e finanziò la costruzione dei famosi "muraglioni" di arginatura, per difendere Roma dalle piene del suo fiume. Infatti, il solo sventramento necessario alla creazione dello spazio per il tracciato del lungotevere, avrebbe comportato la demolizione di circa metà del vecchio Ghetto.
Con l'occasione, si stabilì di portare a termine una più radicale opera di risanamento, che si concretizzò nel radere al suolo praticamente ogni edificio del vecchio Ghetto e nella creazione degli attuali quattro isolati.
Dopo il 20 settembre 1870 gli ebrei romani hanno stabilito la loro residenza anche in altre zone della città, pur mantenendo un attaccamento particolare per la vecchia area del Ghetto, nel quale o nelle immediate vicinanze del quale sono tuttora situati i principali punti di riferimento della comunità ebraica romana.

Il mercato del pesce e la cucina del ghetto

Il brodo di pesce, specialità culinaria oggi di nuovo in voga e considerata anzi una prelibatezza, nasce dalla prossimità del ghetto romano con la zona più degradata e più sporca della città, accanto al complesso monumentale augusteo, attorno al Teatro di Marcello che, durante il Medioevo, divenne il mercato del pesce di Roma: la vicinanza del Tevere e del porto fluviale di Ripa Grande garantivano un comodo approdo alle barche provenienti da Ostia, pronte a riversare sul mercato il pesce migliore.
Tutti gli scarti venivano accatastati nei pressi della chiesa di Sant'Angelo in Pescheria[6], chiesa che diede anche il nome allo stesso rione, il Rione Sant'Angelo. Tutte le donne ebree (la maggior parte della popolazione era assai povera) andavano a raccogliere gli scarti del mercato: teste, lische e pesci, o parti di pesce, meno nobili. L'unico modo di utilizzare gli scarti era cucinarli con l'acqua. Nacque così uno dei piatti della Roma popolare ed in particolare del Ghetto: il brodo di pesce, allora una ricetta semplice e povera ed ora uno dei piatti più richiesti nei ristoranti della zona.
Sempre a riguardo del mercato del pesce, sulla parte destra del porticato di Sant'Angelo è murata una lapide, di 1,13 metri, con una iscrizione latina che ricorda l'obbligo di consegnare ai Conservatori dell'Urbe, magistratura elettiva cittadina, la testa ed il corpo, fino alla prima pinna (usque ad primas pinnas inclusive), di ogni pesce più lungo della lapide stessa. La parte richiesta è spesso la parte più gustosa del pesce.





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