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domenica 9 dicembre 2012
ROMA: GALLERIA DORIA PAMPHILJ....un viaggio da non perdere!
Meta di questa proposta di itinerario è VIA DEL CORSO 305... non pensiate affatto che vi si stia consigliando di passeggiare per una delle vie romane più rinomate per gli acquisti, le nostre ambizioni sono stratosferiche :-) vi proponiamo di attraversare in poche ore 500 anni di storia di Roma.
Come al solito sveglia alle 8:30 e fate una sana colazione, al B&B ACQUEDOTTI ANTICHI ne fate di abbondantissime ...preparatevi tutto compresi i biglietti metro e si parte..........METRO A FERMATA SUBAUGUSTA (a 300mt dal B&B ACQUEDOTTI ANTICHI a Roma ) si scende alla fermata SPAGNA proprio di fronte all'uscita c'è via Condotti (altra famosissima via) la si percorre tutta fino ad incrociare via del Corso si gira a sinistra ed a poche centinaia di metri ci troviamo di fronte a Palazzo Doria Phamphilj.
Si entrar troviamo la biglietteria costo del biglietto 11 euro comprensivi di audio guide.
Ben arrivati nella Galleria, il cuore espositivo di Palazzo Doria Pamphilj. Qui, nei quattro bracci affacciati sul cortile interno con le sue splendide arcate rinascimentali, così come nelle due grandi sale adiacenti, la Sala Aldobrandini e quella dei Primitivi, si concentrano la maggior parte dei capolavori della collezione privata della famiglia Doria Pamphilj. Costruita sul nucleo originario della residenza del cardinale Fazio Santoro datata ai primi del Cinquecento la galleria è anche la parte di Palazzo Doria Pamphilj che nasconde la storia più antica e interessante, una storia fatta di nobiltà, politica e unioni tra alcune delle più grandi famiglie nobiliari italiane: dai Della Rovere agli Aldobrandini, dai Landi ai Doria Pamphilj.
Come tutto il palazzo, la Galleria Doria Pamphilj è quindi il risultato di evoluzioni, annessioni e allargamenti che si sono succeduti per ben 500 anni per giungere a presentarsi oggi ai nostri occhi in tutto il suo secolare splendore. Entriamo a scoprirla.
TIZIANO VECELIO : SALOME' CON LA TESTA DEL BATTISTA
Galleria Aldobrandini (1° braccio)
Le formule decorative qui adottate furono dette “ a uso chinese” , dal pittore Ginesio del Barba. In questo segmento hanno preso posto da allora vari capolavori. Sulla sinistra è appesa la serie delle Lunette Aldobrandini, di Annibale Carracci e di alcuni suoi affermati scolari, che promosserola pittura di paesaggio alla stregua dei generi di maggior successo. Nel giro di pochi anni quella tipologia raggiunse quotazioni assai alte, come indica la parabola professionale di Claude Lorrain, di cui sono ospitate sulla medesima parete quattro tele: le più famose sono Le nozze di Rebecca e La Processione al tempio di Delfi. Vi è poi una Lotta di Putti di Guido Reni, quasi una rappresentazione della lotta di classe fra amorini abbronzati (plebei) e pallidi (nobili), eseguita per ringraziare il marchese Facchinetti, dopo che l’ artista aveva rischiato un lungo soggiorno in prigione a causa di una lite con l’ Ambasciatore di Spagna. Si giunge all’ angolo, dove è un CAMERINO contenente il capolavoro della raccolta, il Ritratto di Innocenzo X, tela di Velázquez, la cui esecuzione s’ inserì nella politica internazionale del tempo, segnata dal riavvicinamento del papato alla Spagna. L’ immagine potentissima ritrae con assoluto realismo l’aspetto e finanche l’ animo del pontefice. Quell’ impresa fu subito famosa a Roma, dove però non produsse influenze fra gli artisti locali, come evidenzia il confronto con uno dei due busti ritratto dello stesso papa, eseguito in marmo da Gian Lorenzo Bernini e ospitato nello stesso ambiente. Nelle immagini lapidee il papa Pamphilj mostra un piglio retoricamente eroico.
Galleria degli Specchi (2° braccio)
Questo braccio della Galleria reca nel soffitto storie di Ercole, dipinte dal bolognese A. Milani (1733), secondo fantasiose ipotesi che intrecciavano mito e araldica dei Pamphilj. Alle pareti, eccettuata per un’antica copia da Raffaello e un dipinto su alabastro di A. Tempesta, sono affissi grandi specchi, i quali erano allora incomparabilmente più costosi di qualsiasi dipinto o scultura. Vennero fatti venire da Venezia, con cura e impegno economico importanti anche per il delicato trasporto. Furono poco dopo collocate qui le molte statue, in gran parte archeologiche, e il grande vaso in porfido egiziano, fra i maggiori esempi del genere, realizzato poco oltre metà Seicento.
Galleria Pamphilj (3° braccio)
Anche questo spazio fu decorato da Ginesio del Barba, qualche anno dopo il primo. Procedendo lungo le pareti spicca la straordinaria e misteriosamente incompiuta Allegoria del Correggio, il Riposo di Lorrain, un abbozzo per il S. Giuda di Barocci, il Battista e la S. Agnese del Guercino e, al centro, la Veduta del porto di Napoli di Pieter Bruegel il Vecchio, primizia della pittura di veduta e rara opera per cui si può certificare l’ esecuzione in Italia del grande artista fiammingo. Sopra di essa è un ovale di Guido Reni con la Madonna che adora il Bambino, la cui fama fu presto diffusa da decine di copie. Ripercorrendo lo stesso tratto si vede, fra le finestre, un Adamo ed Eva nell’ Eden di Jacopo da Ponte detto Bassano. In alto è una Madonna col Bambino e il Battista di Giovanni Bellini e del collaboratore romagnolo Rondinelli. A metà è il busto di Innocenzo X in porfido egiziano e bronzo, eseguito da Alessandro Algardi.
Quarto Braccio
Le grottesche di questo soffitto sono ottocentesche. La “ manica” inizia con il celebre busto di Alessandro Algardi di Olimpia Maidalchini Pamphilj, il cui manto gonfio di vento evidenzia l’ intima vicinanza fra le tendenze barocche e quelle classiciste, che pure erano allora contrapposte.
Algardi riuscì a rendere leggiadra la corpulenta principessa. Poco lontano sono le due notevoli tavolette del Parmigianino. Meritano attenzione un S. Girolamo di Ribera e una serie di straordinari pezzi di Jan Brueghel: le tavole dei Quattro elementi, due Paradisi terrestri e una Visione di S. Giovanni. Tornando a guardare le pareti fra le finestre, nella stesso percorso compiuto, si vedono opere fra cui spicca la notevole tavola con S. Sebastiano del veneziano Marco Basaiti. Al centro è il busto di Andrea Doria del 1844.
Sala Aldobrandini
Ospita lacerti di affresco che risalgono alle fasi più antiche del complesso edilizio (1507). La sala venne però ingrandita nel XIX secolo dall’architetto Andrea Busiri Vici e ancora ricostruita nel soffitto e nel pavimento dopo un crollo avvenuto nel 1956, a causa di una straordinaria nevicata. Al centro è una grande scultura di marmo bicromo di età Antonina, ritrovata ad Albano a metà Ottocento, raffigurante un Centauro e alle pareti una ricca serie di sculture archeologiche, fra cui spiccano alcuni sarcofagi.
Tra i quadri è necessario citare le due meravigliose tele con la Maddalena e il Riposo durante la Fuga in Egitto, del giovane Caravaggio. Un altro quadro di simile soggetto è di Pier Francesco Mola, grande pittore del Seicento, che aprì una lunga serie di contese legali fra artisti e committenti Pamphilj. Ad essa corrisponde la grande tavola con la Deposizione di Giorgio Vasari, già nella chiesa di S. Agostino e acquisita da Camillo Pamphilj nel 1661. Al centro è la grande pala con il Sacrificio di Noè dipinta da Ciro Ferri, pittore pienamente barocco, che eseguì vari importanti incarichi commissionatigli da principi della famiglia.
Sala dei Primitivi
È qui riunita una importante serie di quadri, in prevalenza eseguiti su tavola, supporto meno sollecitato dai mutamenti climatici e che offre una maggior stabilità ai dipinti. Spiccano l’ Annunciazione di Filippo Lippi, le Storie di S. Silvestro del Pesellino, quelle di S. Antonio Abate del Parentino, quelle della Vergine del senese Giovanni di Paolo e il tondo con le Mistiche Nozze di S. Caterina di Domenico Beccafumi.
Offre poi una rassegna sull’ arte a Ferrara nel primo Cinquecento la serie di pannelli dei maggiori pittori di quel periodo, stilisticamente ben connotati: il Garofalo, il Mazzolino e l’ Ortolano.
La splendida tavola di Memling con la Crocifissione costituisce, poi, uno degli esempi di maggior importanza del ricco patrimonio artistico Doria Pamphilj per quanto concerne la pittura dei Paesi Bassi.
Palazzo Doria Pamphilj ospita da secoli una collezione privata unica al mondo. Non è solo la qualità e il valore di questi capolavori a stupire, ma anche il loro numero: le opere sono così tante da rivestire completamente le pareti degli Appartamenti e i bracci della splendida Galleria.
Visitiamo gli APPARTAMENTI
SALA DEL TRONO
GLI APPARTAMENTI
Benvenuti negli appartamenti di Palazzo Doria Pamphilj, dimora di principi e principesse sin dalla seconda metà del seicento, quando Camillo Pamphilj volle ampliare l’ antico Palazzo, allora conosciuto come Palazzo Aldobrandini, con queste magnifiche stanze che si susseguono in infilata fino alla Galleria e con gli intimi salotti ad esse annessi. Gli appartamenti, ancora oggi abitati dagli attuali discendenti, furono variamente decorati, fino alla riconfigurazione impressa loro dai Doria dopo il 1763, anno in cui si trasferirono a Roma, avendo ottenuto il riconoscimento alla successione e alla fusione dinastica con i Pamphilj. Gli splendidi soffitti affrescati offrono così ancora oggi un’ interessante rassegna di pitture romane di quella fase del Settecento. Entrate a scoprire gli appartamenti dei principi Doria Pamphilj.
Sala di Giove
Affacciandosi nella sala si vedono, procedendo da sinistra, tele di G. Contarini, J.B. Weenix e G.B. Giovannini. Consoles e poltrone sono settecentesche, come pure la parte centrale del soffitto dipinto, mentre l’incorniciatura risulta successiva, di fine Ottocento.
Sala del Pussino
Il vastissimo ambiente è contraddistinto dai numerosi pezzi del Pussino, soprannome che Gaspard Dughet derivò dal cognato Nicolas Poussin, rispetto al quale ebbe una poetica più autonoma dai dogmi del Classicismo accademico. Le grandi tele più in alto, tranne quelle fra le finestre, risalgono al 1653/54 e ospitano figure eseguite da Guillaume Courtois (fig. * ). Furono probabilmente ordinate per le sedi laziali di Valmontone e Nettuno, ma presto vennero portate qui. Sotto, distribuita su tutte le pareti, è una serie di paesaggi priva di presenze umane e dai formati diversi: alcuni sono immensi, altri medi, sino a sottili verticali e a larghi sopraporta. Sono immagini della campagna romana, che pare compresa forse per la prima volta nella sua potente intensità estiva, senza le distrazioni derivanti dai temi iconografici caratterizzati dall’ uomo. Gran parte di questa sequenza fu in origine realizzata per oggetti che sono ora del tutto dimenticati, anche dagli studi. Si trattava di superfici dipinte su due facce, che servivano a dividere gli spazi e probabilmente a decorare e
proteggere dei letti, secondo criteri per qualche aspetto influenzati da contatti con l’ estremo Oriente.
Sala del Trono
La sala prende nome dal trono, il quale è rivolto alla parete e viene girato solo in caso di visita di pontefici, secondo un’antica usanza romana. Il soffitto fu dipinto da G. Agricola verso il 1768. I molti quadri di paesaggio a tempera si abbinano agli olii dell’ambiente contiguo. Spettano in maggioranza a G.B. Giovannini, “pittore di casa” del cardinal Benedetto Pamphilj. Ricche poltrone e consoles del secondo Seicento e dell’inizio del secolo seguente caratterizzano l’arredamento.
Sala Azzurra
Il soffitto con Agar e l’Angelo si deve a P. Angeletti e rientra nel ciclo compiuto a ridosso del 1768. qui sono affissi vari ritratti ottocenteschi di Filippo Andrea V Doria Pamphilj e della sua famiglia, in prevalenza eseguiti da A. Capaldi.
Salone dei Velluti
(soffitto di Liborio Marmorelli, ca 1768). Alle pareti sono i velluti controtagliati che denominano la sala. Qui si trovano due importanti busti-ritratto scolpiti da Alessandro Algardi, nonché pregiati mobili, su cui poggiano piani in marmo bianco e nero d’ Aquitania. Tali materie lapidee, variamente colorate, erano ottenute spesso riutilizzando frammenti archeologici, come mostrano molti altri pezzi della Galleria e, in generale, della Roma barocca. Due delle quattro tele maggiori, quelle con Agar e col Sacrificio d’ Abramo spettano a Pasquale Chiesa, pittore di Genova da poco riscoperto. L’ altra Agar è del giovane Mattia Preti. La serie con le Apollo e le Muse fu eseguita da Giuliano
Bugiardini, un pittore fiorentino del Rinascimento, mentre un quarto elemento con Le arti è un completamento della sequenza, eseguito da Marco Benefial nel 1713.
Saletta Verde
Decorata nel soffitto dal David e Abigail di D. Corvi (ca 1768), la sala è improntata a un gusto venezianeggiante: ospita straordinari pezzi del primo Settecento, insieme a modesti elementi del secolo successivo. Fra i quadri spicca la notevole veduta di Piazza S. Marco, di J. Heintz il giovane.
SALA DA BALLO
Sala da Ballo
Si tratta di un ambiente caratterizzato da interventi del secondo Ottocento ad opera di Andrea Busiri Vici. Della precedente decorazione restano le grisaglie sulle parti curve del soffitto (e una grande tela che era al centro, rimossa da circa un secolo dopo aver subito gravi danni). Tra gli oggetti conservati nello stallo dell’ orchestra vanno segnalati: una gabbia per uccelli datata 1767, un’arpa del XVIII secolo e due antiche livree. Lo spazio a fianco, il cui soffitto fu dipinto da Antonio Nessi verso il 1768, ospita quadri di pregio.
Sala Giallo
Sul soffitto è un altro dipinto di G. Agricola (Rebecca al Pozzo, ca 1768). Alle pareti sono notevoli arazzi sottili settecenteschi della manifattura di Gobelins, raffiguranti 12 antiche divinità. Si vede poi un Ritratto di Giacomo Stuart, Pretendente cattolico al trono di Scozia e Inghilterra, morto a Roma nel 1766.
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