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sabato 31 maggio 2014

MICHELANGELO A ROMA IN 156 OPERE

Nella capitale, ai Musei Capitolini, l'universo di un titano dell'arte di tutti i tempi. 


MICHELANGELO


Fino al 14 settembre 2014 ai MUSEI CAPITOLINI


La dimensione universale di Michelangelo raccontata per temi contrapposti: corpo e spirito, buio e luce, tempo umano ed eternità. Sono questi alcuni degli ambiti su cui si snoda il percorso espositivo della mostra che ai Musei Capitolini racconta in 156 opere la vita e l'arte del grande maestro. Fino al 14 settembre è possibile ammirare meraviglie della statuaria come il Bruto del Bargello o la Madonna della Scala di Casa Buonarroti e il Cristo Redentore di Bassano Romano.



Michelangelo Buonarroti morì nella sua casa in via Macel dè Corvi a Roma il 18 febbraio 1564, non troppo distante dal Campidoglio. In occasione del 450° anniversario della sua scomparsa, proprio in Piazza del Campidoglio, che il suo genio ha reso unica, ai  Musei Capitolini una mostra scientificamente ineccepibile propone un percorso attraverso "scintille, echi e riverberi" di una figura titanica che non si finisce mai di ammirare e studiare.



"Michelangelo, incontrare un artista universale" è il titolo dell'esposizione ideata dalla soprintendente del Polo museale fiorentino Cristina Acidini, pensata per dare l'opportunità di avvicinarsi al mondo interiore e spirituale del grande maestro. 156 opere tra scultura, pittura, architettura e poesia ci fanno entrare in contatto con gli aspetti più profondi dell'universo di questo artista, in grado di cambiare stravolgere l'arte italiana e internazionale. Nove sezioni affrontano tematiche in contrapposizione come: corpo e spirito, notte e il giorno, l'amore celeste e terreno, tempo umano ed eternità, fino a moderno e antico, binomio quest'ultimo che sintetizza anche il percorso di vita e di ricerca del grande maestro svoltosi a cavallo di due secoli e di due città. Infatti, a Firenze Michelangelo si forma a contatto con l'arte del trecento e del quattrocento, quella che innescò lo slancio verso il pieno Rinascimento, ma è a Roma che avviene l'incontro con l'arte classica, nel pieno della sua maturità artistica, e ciò comporterà una mutazione poetica fondamentale. 

La prima sezione dell'esposizione si apre con la grande statuaria, posta nella Sala degli Orazi e Curiazi, questa si affaccia sulla Piazza del Campidoglio, che il Buonarroti rivoluzionò ponendo al centro la statua equestre del Marco Aurelio, mentre in epoca antica le statue equestri  erano ai lati, come ha ricordato il sindaco di Roma Ignazio Marino, presente all'inaugurazione. Entrando nella sala si è colpiti dalla maestosità del Cristo Redentore rinvenuto a Bassano Romano, opera incompiuta di Michelangelo che rimanda alla versione definitiva conservata nella Chiesa della Minerva. Lo splendido Bruto del Bargello, opera politica del Buonarroti realizzata appena giunto a Roma, che incarna l'anima del vero tirranicida esprimendo fierezza e determinazione, è posto al centro fra due modelli ispiratori: il Bruto dei Musei Capitolini e il Caracalla dei Vaticani.  Arriva poi La Madonna della Scala, prestito della Fondazione Buonarroti, che Michelangelo realizzò quando aveva solo 15 anni, esempio della tensione verso la ricerca del bello, che lo guidò negli anni giovanili. "E' la prima volta che vediamo insieme  questi capolavori, una grande occasione di studio e confronto", ha spiegato Cristina Acidini.


Il percorso della mostra prosegue poi indagando le altre dimensioni della molteplice personalità artistica. Modellini architettonici, studi per la cupola di San Pietro e stupendi disegni con figure della Cappella Sistina, ci mettono davanti all'eclettismo del grande maestro, alla ricerca della salvezza dell'anima  negli ultimi anni di vita, con riflessioni sul tempo umano ed eterno. Nel percorso espositivo si incontrano così i rimandi alle Cappelle Medicee, alla Sagrestia Nova per le quali realizzò il capolavoro delle Allegorie del Tempo, insieme a molti documenti. 
(cit.La Repubblica)
Musei Capitolini
Fino al 14 settembre 2014
Martedì-domenica 9.00-20.00 

La biglietteria chiude un'ora prima
Chiuso lunedì



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mercoledì 28 maggio 2014

HOLI FESTIVAL A ROMA

HOLI FESTIVAL 2014 FESTIVAL DEI COLORI






IL 14 GIUGNO AVRÀ LUOGO IL PRIMO HOLI FESTIVAL OF COLOURS A ROMA (IPPODROMO DELLE CAPANNELLE)
L’ Holi Festival Of Colours avviene nel giorno successivo alla prima notte di luna piena del mese di Phalgun, ed è una delle più famose celebrazioni delle zone settentrionali dell’India. Durante questa festa le persone celebrano la vittoria del bene contro il male e l’inizio della primavera.
Ciò che lo rende speciale è il fatto che le persone si dipingono con diversi colori e lanciano nell’aria polveri colorate per esprimere la propria libertà e dare colore alla routine quotidiana. La cosa più importante è che durante questo giorno tutte le caste del sistema indiano non hanno alcun valore. In questo giorno di festa tutte le persone sono considerate uguali! Da qui l’idea di portare questo festival in giro per il mondo.
Purtroppo l’ineguaglianza è ancora enormemente diffusa in molte parti del mondo e le persone meritano una festa dove la vita di tutti i giorni faccia un passo in dietro per lasciare spazio alla pace e all’armonia, insieme. Una festa piacevole ed allegra, che lasci un forte ricordo ai partecipanti e a coloro che ne leggeranno o sentiranno parlare. Questo evento ha la forza di incoraggiare e promuovere direttamente l’uguaglianza e la tolleranza, avvicinando le persone tra loro.
OFFERTA SOGGIORNO 3 GIORNI A ROMA HOLI FESTIVAL:
MATRIMONIALE     200 euro
TRIPLA                   300 euro
QUADRUPLA           33O euro


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lunedì 26 maggio 2014

MURo: Museo di Urban Art a Roma




Fondato nel 2010 dall'artista David "Diavù" Vecchiato il Museo di Urban Art di Roma (MURo) è il museo di Urban Art della città di Roma. 
E' il primo progetto di museo completamente integrato nel tessuto sociale, come la forma d'arte che segue, promuove e produce: la Street Art. 
Il MURo è un progetto site-specific, ovvero ideato per far relazionare gli artisti con la conformazione e la storia dei luoghi di convivenza sociale dove realizzano le proprie opere. 
Il MURo è un progetto community-specific, ovvero mira a percepire e rispettare lo "spirito dei luoghi" in cui interviene ed è condiviso coi cittadini, si confronta con le loro idee e le loro storie (soprattutto con coloro che vivono o frequentano le aree interessate dalle opere).

La collezione di opere di Street Art, principalmente murales, appartiene alla comunità ed attualmente comprende 17 lavori realizzati da importanti firme dell'Arte Contemporanea di tutto il mondo.

Il MURo - Museo di Urban Art di Roma è un progetto di museo a cielo aperto, pubblico e gratuito, che nasce dunque "dal basso", ovvero non è imposto ai cittadini e al territorio da amministrazioni, curatori, finanziatori, sponsor o altri fattori esterni.
Le opere vengono proposte e discusse coi rappresentanti dei comitati di quartiere e coi cittadini stessi, attraverso social networks e incontri pubblici.
Il lavoro di realizzazione è poi curato dallo staff del MURo, diretto dall'ideatore del progetto David "Diavù" Vecchiato ed amministrato dall'art agency Mondopop.



COSA:
L'idea alla base del MURo è trasformare alcune aree della città di Roma in percorsi di un museo a cielo aperto dove l'Arte Contemporanea abbia la possibilità di interagire quotidianamente coi cittadini, così come avviene nelle strade delle città di tutto il mondo grazie alle opere spontanee di Street Art. 
Gli interventi artistici sono però in questo caso suggeriti e guidati da una curatela che mira a rapportarsi coi cittadini che vivono e frequentano quegli spazi, oltre che con la storia degli spazi stessi e con gli artisti, con l'intento di realizzare opere che siano davvero volute, condivise ed apprezzate, e che disegnino un nuovo strato culturale nel panorama urbano, capace di rispettare e divulgare le memorie, le caratteristiche e l'identità stessa del territorio che lo ospita.
Stimolare un Rinascimento dell'Arte Pubblica Contemporanea è uno degli obiettivi del MURo.



DOVE:
Il MURo vede la luce nel 2010 grazie ai primi murales realizzati da Diavù nell'area storica del quartiere Quadraro, all'incrocio tra il V e il VII Municipio del Comune di Roma, e ha attualmente opere visitabili anche nei quartieri Ville Alessandrine e Torpignattara.
In attesa di offrire anche una piattaforma stabile ai propri visitatori il MURo
 è per ora un museo all'aperto, una collezione di opere di artisti di tutto il mondo realizzate per i cittadini nelle strade e in altri spazi, privati e pubblici del Comune di Roma. 



QUANDO:
Il MURo, dopo i due anni iniziali di gestazione in cui sono stati realizzati i primi murales, prende ufficialmente il via a primavera/estate del 2012 come progetto patrocinato dal Comune di Roma-V Municipio (ex VI) e dalla Provincia di Roma (ma senza investimenti pubblici dedicati).
Il MURo ha intenzione di istituire anche un Festival di Street Art annuale in grado di modificare rapidamente aspetto e valore a molti nostri spazi pubblici oggi a rischio di degrado, ma per il momento interviene nel tessuto urbano realizzando circa un'opera al mese.

(tratto dal sito MURo)


M.U.Ro. - Urban Museum of Rome is the first museum of Urban Art in Rome and is the first project that regards a museum fully integrated into the social fabric as the art form with which it deals: the Street Art.

M.U.Ro. Urban Museum of Rome is a museum project by Mondopop art agency, curated by the artist David "Diavù" Vecchiato.

WHERE:
M.U.Ro. is born in Rome, in the Quadraro district, a cross between the V and VII of the City Hall of Rome.
In waiting of a stable platform M.U.Ro. began as open-air museum, a collection of works by Urban Artist from around the world, made for the citizens and realized in the streets and in other areas of the city.

WHEN:
M.U.Ro. officially begins in spring / summer of 2012, but has already begun to leave their mark thanks to the murals that are arising from December 2010 in the Quadraro district.
It will be the open-air museum's Festival that intends to change the look and value to many of our public spaces, now at risk for catastrophic deterioration.

WHAT:

The basic idea of M.U.Ro. is to create an open air museum where contemporary art will have the opportunity to interact daily with citizens, as happens every day in the streets of our cities through the work of Street Art.
M.U.Ro. wants to open a permanent real Museum and to organize an Urban Art festival, too.
M.U.Ro. festival will be exhibitions, installations, meetings, screenings, workshops, courses, games, parties, publications, festivals and more.

VISITE GUIDATE AL QUADRARO STREET ART

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giovedì 22 maggio 2014

PARLANO DI NOI: FENIKSO

Si chiama Jacopo ed è un giovane blogger di indubbio talento!
Doti di immediata comunicazione, sintesi, scrittura fluida e nel contempo fotografica. Gli articoli, sempre corredati da belle foto, offrono la possibilità di conoscere luoghi ed usi del mondo, angoli peculiari dentro al tanto noto e nel suo blog  FENIKSO ( in esperanto significa FENICE), ha dedicato un bellissimo articolo al PARCO DEGLI ACQUEDOTTI 

GRANO E PAPAVERI


Si trova sempre un po’ di difficoltà a parlare dell’Italia, non che Fenikso non riesca a pubblicarne qualche stralcio ma il pericolo è che ci si potrebbe ritrovare a parlar di tutto e nulla nello stesso tempo. Come, scrivendo sul Parco degli acquedotti di Roma, potremmo scrivere nulla di più di ciò che si sa già, oppure potremmo evocare episodi che si spalmano fin dalla notte dei tempi cominciando dal ratto delle sabine fino ai viaggi turistici di scrittori settecenteschi . Pini ad ombrello, distese di grano bagnato dall’oro dell’estate e vermiglio papaveri si intrecciano in uno scenario memorabile di antichi splendori, come i numerosi acquedotti sovrapposti voluti da Claudio fino ai papi. Immaginatelo questo agro romano, tra gioielli dell’ingegneria idraulica e ville romane, 240 ettari che oggi fanno parte del Parco regionale dell’Appia antica. Non voglio dirvi nulla di più, anzi vi invito a cogliere queste prospettive prima che la belva del degrado divori nuovamente questi posti. Risolleviamoli con un po’ di coscienza storica dall’indifferenza culturale.
Si ringrazia Alessandra per aver contribuito a questa presa di coscienza, per ricambiare il favore inserisco il suo grazioso B&B ad un passo dal Parco degli acquedotti.
Jacopo Bassetta



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mercoledì 21 maggio 2014

LA CUCINA ROMANA POPOLARE: RICETTE CON IL QUINTO QUARTO

Un giorno una Signora forastiera,
passanno còr marito
sotto l’arco de Tito,
vidde una Gatta nera
spaparacchiata fra l’ antichità.
- Micia che fai? - je chiese: e je buttò;
un pezzettino de biscotto ingrese;
ma la Gatta, scocciata, nu’ lo prese:
e manco l’odorò.
Anzi la guardò male
e disse con un’ aria strafottente:
Grazzie, madama, nun me serve gnente:
io nun magno che trippa nazionale!

...e proprio la trippa appartiene di diritto a quello che a Roma si chiama IL QUINTO QUARTO.
Il quinto quarto è quel che rimane della bestia vaccina, ovina e suina dopo che sono state vendute ai benestanti le parti pregiate: i due quarti anteriori e i due quarti posteriori.
Si tratta, quindi, di tutto quanto è commestibile delle interiora: trippa (la parte più pregiata è il reticolo, a Roma detta anche cuffia), rognoni (i reni della bestia: vanno tenuti a bagno in acqua acidulata con limone, prima di cucinarli), cuore, fegato, milza, animelle (pancrea s, timo e ghiandole salivari) e schienali, cervello e lingua. Dalla carne ovina si prende anche la coratella, l'insieme delle interiora (fegato, polmoni, cuore). Per il maiale e la vitella, a questa lista vanno aggiunti gli zampetti.
Vogliamo presentarvi alcune ricette romane dove il quinto quarto la fa da padrone.
TRIPPA ALLA ROMANA
La trippa alla romana è caratterizzata la presenza del pecorino, uno dei formaggi laziali più conosciuti e saporiti,  è un piatto povero, ma molto sostanzioso della tradizione popolare. 


INGREDIENTI PER 4 PERSONE
Trippa (1kg), sedano (una costa), una carota, una cipolla, olio evo (5 cucchiai), vino (un bicchiere), polpa di pomodoro (500 grammi), pecorino romano (100 grammi), sale, 2o 3 rametti di menta romana
PREPARAZIONE
Lavate la trippa e tagliatela a listarelle e lasciatela scolare . Preparate un trito con la costa del sedano, la carota e la cipolla e fate soffriggere in un tegame insieme ai cucchiai di olio ( e poi aggiungete la trippa  Lasciatela ammorbidire ed asciugare la trippa e poi aggiungete il bicchiere di vino ) che potrà essere rosso oppure bianco, come preferite. Fate evaporare e poi aggiungete la polpa di pomodoro , mescolate bene, lasciate andare per alcuni minuti e poi aggiungete abbondante pepe macinato  e aggiustate di sale.
Lasciate cuocere coprendo il tegame con un coperchio e aggiungendo di tanto in tanto un mestolo di acqua calda o di brodo. Intanto, in una ciotola, preparate il pecorino grattugiato e la menta sminuzzata . Quando la trippa sarà cotta, spegnete e il fuoco e aggiungeteci il contenuto della ciotola e fate mantecare. Servite la trippa alla romana guarnendo i piatti con delle foglioline di menta.

RIGATONI CON SUGO DI PAJATA

Pajata (in romanesco) o pagliata (in italiano) è il termine con il quale si identifica l'intestino tenue del vitellino da latte , che viene tipicamente utilizzato come condimento per un piatto di pasta, quali i rigatoni. Questa è una ricetta della cucina romana, la ricetta originale vuole che l'intestino venga lavato, ma non privato del latte bevuto dal piccolo bovino (chimo).



INGREDIENTI PER 4 PERSONE

Pasta tipo rigatoni 500 grammi, pajata di vitello 800 grammi, passata di pomodoro 500ml, pancetta 50 grammi, vino bianco secco, spicchi d'Aglio 1 o 2, pecorino 100 grammi,  cipolla (una), olio evo, pepe, sale.

PREPARAZIONE

Tagliate a pezzi di circa 10-15 cm e pulite per bene la pajata  lasciatela poi scolare ma ricordate che  prima di metterla sul fuoco farete dei nodi con ogni pezzo. Tagliate la pancetta, tritate  la cipolla, mettete tutto in una padella con un po’ di olio e l'aglio e soffriggete leggermente. 
Dopo qualche minuto togliete l’aglio ed aggiungete la pajata facendola dorare. Inumidite con un po’ di vino durante la cottura e, dopo averlo fatto evaporare, unite la passata di pomodoro, un po’ di pepe ed un pizzico di sale. 
Lasciate sul fuoco per circa 1ora e mezza ore in modo da ottenere un sugo abbastanza denso e compatto. Cucinate a parte la pasta (in acqua leggermente salata) e condite con il sughetto che avete preparato. Spolverate poi con il formaggio pecorino e servite i rigatoni alla pajata ben caldi.


ANIMELLE- CERVELLO- SCHIENALI FRITTI DORATI 

Animella è il corrispondente del timo umano, una ghiandola presente nel collo dei giovani bovini (scompare gradualmente con il sopraggiungere dell’età adulta) Il termine definisce anche, nel Lazio, il pancreas di bovini od ovini.
Considerato un "cascame", uno scarto di difficile reperibilità, ha un elevato contenuto nutrizionale, nonché un elevato tasso di colesterolo. Di gusto delicatissimo rievocante il sapore del latte, è avvolta da una membrana che viene tolta dopo che la ghiandola è stata sbollentata per alcuni minuti.
Con il termine schienale s'intende il midollo spinale del bovino


INGREDIENTI PER 4 PERSONE
Un cervello, 500 grammi di animelle, 500 grammi di schienali, 2 uova, farina, sale q.b.

PREPARAZIONE

Sbollentate cervello, animelle e schienali (immergendoli in acqua bollente per pochi secondi schienali ed animelle 2 o 3 minuti il cervello) fate raffreddare tagliate a liste sia le animelle che il cervello mentre per gli schienali è sufficiente tagliarli in 2 o 3 pezzi.
Immergeteli nelle uova precedentemente sbattute e salate fate riposare il tutto per qualche minuto mentre fate scaldare l'olio per friggere il tutto.
Scolare  i pezzi di frattaglie dall'uovo ed infarinarli immergendoli poi nell'olio bollente. Tirare fuori e servire caldi accompagnati da spicchi di limone.

...la ricetta dell'Artusi per la pastella di fritti di carne...

Stemperate tre cucchiaini colmi di farina con due cucchiaini d'olio, aggiungete due uova, una presa di sale e mescolate bene.
Questo composto prenderà l'aspetto di una crema scorrevole e servirà per dorare i fritti di cervello, schienali, animelle, granelli, testicciuole d'agnello, testa di vitella di latte e simili. Queste cose, quali più, quali meno, secondo la natura loro, scottatele tutte, compresi il cervello e gli schienali che bollendo assodano; salate l'acqua e aggiungete un pizzico di sale e una presa di pepe quando le ritirate dall'acqua. I granelli tagliateli a filetti nella loro lunghezza; gli schienali teneteli lunghi mezzo dito all'incirca; le animelle, se sono d'agnello, lasciatele intere; i cervelli fateli a tocchetti grossi quanto una noce, e tenetevi per le teste a un volume alquanto maggiore. Gettate i pezzi nella pastella dopo averli infarinati e friggeteli nello strutto vergine o nell'olio.
Questi fritti bianchi si uniscono spesso a fegato o a cotolette di vitella di latte. Il fegato tagliatelo a fette sottilissime, le cotolette battetele colla costola del coltello o tritate la carne con la lunetta per riunirla dopo a forma elegante; tanto l'uno che le altre li condirete con sale e pepe, li metterete in infusione nell'uovo frullato e dopo qualche ora, prima di friggerli, li involterete nel pangrattato fine, ripetendo l'operazione anche due volte se occorre. Accompagnate sempre questi fritti con spicchi di limone.

FEGATELLI DI MAIALE

I fegatelli  di maiale sono un piatto semplicissimo e poverissimo della tradizione romana, vengono cucinati con la reticella ( peritoneo) che li avvolge non permettendo quindi alla cottura di indurirne la carne.



INGREDIENTI PER 4 PERSONE

Fegatelli  800 grammi, reticella 300-350 grammi,  foglie di alloro (una per rotolino), sale , pepe, olio evo.

PREPARAZIONE

Dobbiamo tagliare il fegato di maiale a fettine di circa un cm di spessore. Immergiamo la rete di maiale in acqua tiepida acidulata con alcune gocce di succo di limone. Questo serve per ammorbidirla ed evitare rotture.Lavare ed asciugare tante foglie di alloro quante sono le fettine di fegato di maiale. Stenderemo poi i pezzi di  rete  e su ogni pezzo metteremo una fettina di fegato, abbiamo  ritagliato la reticella lasciandone a sufficienza per avvogere la fettina.Posiamo poi  la foglia di alloro sulla fetta di fegato di maiale, sale e pepe secondo il nostro gusto. Chiudiamo  a sacchetto avvolgendo  la rete attorno alla fettina di fegato di maiale magari aiutandoci con uno stuzzicadenti per far si che non si sciolga. Cuocere poi a fuoco lento fino a che la reticella non si sia imbrunita.

Queste 4 ricette presentate fanno parte della cucina romana più povera e popolare anche se al giorno d'oggi molti ristoranti di grido le presentano come piatti d'elite.
Semmai voleste imparare a preparare queste o altre ricette della cucina romana ed italiana in genere, i nostri corsi di cucina vi permetteranno di apprendere piacevolmente  la sapienza dell'arte culinaria che ha dato fama all'Italia.
CORSI DI CUCINA CON CENA FINALE al B&B ACQUEDOTTI ANTICHI

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venerdì 16 maggio 2014

OFFERTE D'ESTATE


 

CASA VACANZA ROMA CINECITTA' FLAT

dal 27 giugno al 27 agosto 70 euro a notte per 2 persone soggiorno minimo 5 giorni.

30 euro al giorno il letto aggiunto.
















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A SPASSO PER ROMA: VILLA MASSIMO

 Questo articolo segna l'inizio di  un'interessante quanto piacevole collaborazione con la Dottoressa Federica Giusti esperta di Storia dell'Arte nonché guida turistica autorizzata ed è proprio la sua ampia ed articolata conoscenza di Roma a  far si che il primo luogo  proposto sia la visita a Villa Massimo, di certo poco conosciuta al grande pubblico  ubicata vicino B&B ACQUEDOTTI ANTICHI e alla CASA VACANZA ROMA CINECITTA' FLAT che ha il pregio di essere anche gratuita.
Si parte dal B&B (fermata Subaugusta) oppure dalla Casa Vacanza  ( fermata Giulio Agricola) direzione Termini e scendiamo a Manzoni prediamo via Labicana e sulla sinistra, parallela a  Via Tasso, c'è  via Matteo Boiardo dove si trova Villa  Massimo della quale ora vi racconteremo la storia.





La storia di Villa Massimo parte da lontano: in epoca romana sui campi del Laterano sorgeva la caserma degli Equites Singulares, le cui rovine furono poi occupate da coltivazioni di vigneti.
Intorno al 1605 questa zona, ancora occupata dalla campagna, divenne proprietà di Vincenzo Giustiniani che vi costruì la Villa Giustiniani. L'edificio doveva servire come luogo di riposo, di svago e di caccia. Per questo motivo viene classificato in quel genere di costruzioni romane dette "ville suburbane", in cui le famiglie aristocratiche usavano trascorrere i giorni di riposo senza allontanarsi eccessivamente dalla città. La villa venne costruita verso la metà del 600' e l'autore del progetto è ignoto: alcuni motivi architettonici richiamano lo stile del Borromini, che effettivamente fu al servizio dei Giustiniani nel periodo di costruzione della villa. L'edificio riprende uno stile eclettico, ispirato dai grandi architetti attivi nella Roma del XVII secolo e  conforme ai canoni già impiegati nelle altre residenze di famiglia.
A causa di gravi difficoltà finanziarie, nel 1802 il principe Vincenzo Giustiniani fu costretto a vendere la residenza al marchese Carlo Massimo. A quest'ultimo si devono gli interventi di restauro eseguiti nei primi anni dell'Ottocento, quando divenne proprietario della villa. Oltre a commissionare i dipinti dei Nazareni, il marchese fece affrescare la volta del salone principale e vi collocò otto statue antiche, inserite all'interno di nicchie. Le sculture provenivano con molta probabilità dalla collezione di Vincenzo Giustiani noto collezionista d'arte antica. 

       

In fondo al giardino si innalza la statua di Giustiniano, marmo bianco con venature grigie alta circa 4 metri. Anche questa statua faceva parte della collezione del marchese Giustiniani  e in origine era collocata nella Villa Giustiniani fuori Porta del Popolo. Nel 1742 fu collocata nella villa del Laterano come ricorda l'iscrizione in latino. La testa non è antica ma i tratti somatici ricordano un Marco Aurelio giovane. L'opera nel suo insieme sembra ricordare il modello iconografico della statua di Marco Aurelio, già nella galleria di Palazzo Giustiniani, ora nella collezione Torlonia.









Infine, nel 1947  la Villa Massimo divenne la sede dei Frati Minori della Custodia della Terra Santa, che vi tengono la sede della Delegazione di Terra Santa in Italia. L'edificio seicentesco, dopo la seconda Guerra Mondiale, è stato completato con due nuove ali che formano un insieme armonico con l'edificio antico.
Al pianterreno si trovano gli uffici conventuali, la Cappella e l'Ufficio Pellegrinaggi della Custodia, che organizza viaggi di visita nei Luoghi Santi. Al piano superiore della villa si trova la Biblioteca specializzata nelle opere pubblicate dalle Edizioni della Custodia di Terra Santa a Gerusalemme.
La villa è composta da un giardino e in origine era situata al centro di un vasto terreno, un quadrilatero compreso fra piazza San Giovanni in Laterano, via Merulana, viale Manzoni e via Tasso. Le successive lottizzazioni e il riassetto urbanistico hanno rimaneggiato notevolmente la proprietà: oggi ne resta circa un sesto, corrispondente al piccolo giardino adiacente alla villa.
L'edificio è a due piani, i muri esterni sono decorati con medaglioni, busti, rilievi marmorei di epoca antica. In particolare, ampi bassorilievi alternati a gigantesche teste-ritratto di imperatori romani si trovano al di sopra delle finestre del piano inferiore; medaglioni più piccoli e nicchiette rotonde con busti marmorei sono invece ben visibili sopra le finestre del piano superiore.
Il piano terra è composto da sei ambienti tutti con soffitto a    botte.
 All'interno della sala principale , si possono ammirare otto  statue di epoca romana esposte in grandi nicchie sulle pareti. Gli affreschi sul soffitto e sulle pareti sono databili ai primi anni dell'800: sono stati realizzati con una tecnica a chiaroscuro molto diffusa nel tardo neoclassicismo italiano, che dà l'illusione di antichi bassorilievi. Al centro del soffitto, il carro trionfale tirato da leoni.
La piccola stanza situata nell'angolo nord-ovest  è decorata con affreschi dei primi dell'Ottocento con uno stile che imita quello pompeiano: abbiamo una veduta di S.Maria Maggiore e piccoli paesaggi di luoghi non identificati.
Nell'altra stanza d'angolo, a sud-ovest  una piccola antiscala conduce alla scala a chiocciola da cui si accede al primo piano e al sottotetto.
Ma gli affreschi più famosi sono quelli delle tre stanze decorate dal gruppo dei Nazareni . Agli inizi dell'Ottocento, durante l'occupazione di Roma da parte di Napoleone Bonaparte, un gruppo di pittori mitteleuropei si stabilì nel convento francescano di S.Isidoro: erano stati ingaggiati dal console prussiano Bartholdy per affrescare la sua casa sul Pincio.
Per la loro vita comunitaria in convento, la vicinanza al cattolicesimo e la dedizione al lavoro, ma anche per i mantelli che indossavano e i lunghi capelli, questi artisti divennero noti tra il popolo romano come i "Nazareni". Ciò che li caratterizzava era l'interesse rivolto, più che alle rovine classiche, alle chiese e ai pittori medievali: negli artisti pre-raffaelliti vedevano infatti quella "sincerità" e "verità" che l'arte aveva smarrito. Il lavoro a casa Bartholdy suscitò enormi consensi e fece sì che il gruppo di artisti ottenesse altre commissioni. La più importante riguardò gli affreschi di Villa Massimo, iniziati nel 1817 e conclusi dopo circa dieci anni: fu la loro ultima opera collettiva e rimane la traccia più significativa del loro periodo romano. I capolavori letterari di Dante, Tasso e Ariosto divennero il motivo ispiratore degli affreschi delle tre stanze del pianterreno rivolte verso il giardino. Nei desideri del marchese Massimo c'era la realizzazione di una quarta stanza con temi tratti dalle opere del Petrarca, ma questa parte non fu mai realizzata.



La stanza di Dante:
Inizialmente il progetto decorativo fu affidato a Peter Cornelius che immaginò per il soffitto una sintesi dei canti finali del Paradiso, con Dante e san Bernardo che ammirano il volto di Dio nel cielo più alto. Il suo progetto non fu mai realizzato in quanto l'artista venne chiamato a corte del principe Ludwig di Baviera per dirigere l'Accademia e realizzare una serie di grandi lavori.
Il marchese Massimo scelse altri due artisti: Philipp Veit che eseguì il Paradiso nella parte centrale del soffitto e  Joseph Anton Koch che si occupò delle pareti scegliendo alcuni episodi dell'Inferno e del Purgatorio. 
Nel soffitto possiamo ammirare l'Empireo con la SS.Trinità, la Madonna seduta in trono, Dante e San Bernardo. Le quattro vele del soffitto sono dedicate agli otto cieli visitati dal sommo poeta e ai personaggi ivi incontrati.

Nelle parete nord Koch descrive tre momenti salienti della prima cantica: Dante dormiente assalito dalle fiere, L'incontro con Virgilio e Dante tra le fiere.







I colori impiegati attribuiscono ad ogni figura una luce collegata al momento della giornata in cui la scena si svolge: si passa, infatti, da tinte più scure sulla parte sinistra per arrivare a toni più chiari e luminosi nella parte destra. Sulla parete ovest l'artista realizzò una sintesi di tutto l'Inferno, concentrata sulla figura di Minosse che giudica i dannati. Ben riconoscibili sono il Conte Ugolino che morde l'arcivescovo Ruggieri e Dante e Virgilio a cavallo di Gerione.





Le altre due pareti sono dedicate al Purgatorio, a sud abbiamo la barca della penitenza che trasporta le anime all'isola del Purgatorio. Sulla stessa parete, la porta del Purgatorio e l'Angelo della Penitenza con la spada e le chiavi.
Sulla parete est è raffigurata una complessa allegoria dei sette peccati capitali. Diversi episodi sono disposti su piani sovrapposti; spicca in primo piano la figura atletica di Omberto Aldobrandeschi quasi schiacciato da un pesante macigno: così sconta il peccato della superbia e l'orgoglio per la grandezza della propria stirpe.


La stanza di Ariosto:

E' la stanza più ampia e più uniforme nello stile, in quanto decorata da un solo pittore, Julius Schnorr von Carosfeld. Gli affreschi vennero realizzati dal pittore tra il 1822 e il 1827 che suddivise l'opera in tre temi: "La battaglia dei pagani contro Carlo Magno", "La sconfitta dei pagani" e "La vittoria dei cristiani", dedicando a ciascuno una parete della stanza. Nel soffitto possiamo vedere "Il trionfo di Carlo Magno e dei paladini" inserito all'interno di un riquadro centrale, intorno al quale sono disposti personaggi ed episodi salienti del poema, tra cui: Rinaldo in battaglia, Il duello dei sei cavalieri, La battaglia navale di Dudone, La presa di Biserta. Nella lunetta sovrastante la parete nord sono raffigurati, da sinistra verso destra, Marfisa, Atlante e l'ippogrifo, La Maga Melissa, Alcina e Bradamante.



Sulla parete sud vediamo Angelica e Medoro, con la giovane intenta ad incidere su un albero il nome del suo innamorato, La pazzia di Orlando nel momento in cui l'eroe, perseguitato dal pensiero dei due amanti, "afflitto e stanco al fin cade ne l'erba" (XXII, 132).


Sulla parete ovest, dove si trova la porta che dà accesso al grande salone neoclassico, abbiamo L'esercito di Agramante che insegue le truppe di Carlo Magno fino alle mura di Parigi e L'esercito di Carlo Magno a Parigi.  La presenza delle finestre sul lato del giardino non lasciava grandi spazi per gli affreschi: il pittore impiegò la parete est per inserire figure di personaggi come Ferraù, Mandricardo, Rodomonte, Marsilio. In basso, uno scudo reca la firma dell'autore e l'anno 1827.







La stanza del Tasso:
Quasi tutti gli affreschi di questa stanza sono stati realizzati da Friedrich Overbeck e sono ispirati alla Gerusalemme Liberata. Il pittore volle trarre dal poema lo spunto per esaltare la religiosità medievale e la rinnovata missione di Roma.
Per le quattro vele del soffitto e le due pareti con la porta e le finestre l'artista scelse gli episodi più lirici del poema, tra cui spicca Erminia tra i pastori. Le altre due pareti sono dedicate all'inizio e alla fine vittoriosa della crociata per la liberazione della Città Santa.
Nel 1827 con la morte del marchese Carlo Massimo, Overbeck si ritenne libero dal contratto e decise di seguire la propria aspirazione dedicandosi esclusivamente a soggetti religiosi. Si recò ad Assisi per eseguire alcuni affreschi a S.Maria degli Angeli sulla facciata della Porziuncola. Il resto della stanza fu dipinto da Joseph Fuhrich.
Nel soffitto, Overbeck, realizzò nel rettangolo centrale una Allegoria della Gerusalemme Liberata, mentre nelle vele laterali possiamo vedere Sofronia e Olindo, Clorinda e Tancredi, Il regno di Armida, Erminia tra i pastori: qui vediamo Erminia e, sulla sinistra, il pastore che ha scelto la quieta vita di campagna dopo essere vissuto a corte.
Sulla parete nord Overbeck eseguì La preparazione per l'assalto a Gerusalemme, qui è raffigurato Pietro l'Eremita mentre indica ai principi Goffredo di Buglione quale loro capo. Da notare, sulla destra, il ritratto del Tasso (appoggiato ad un muretto) che detta gli avvenimenti storici a un giovane inginocchiato, mentre sullo sfondo si vedono l'autoritratto dell'artista (in nero) e il ritratto del marchese Massimo.
Le pareti est, sud ed ovest sono state dipinte da Fuhrich con Rinaldo nel giardino incantato di Armida, Rinaldo e Armida, la conquista del Santo Sepolcro da parte dei Crociati, la morte di Odoardo e di Gildippe.






Abbiamo concluso la nostra visita a Villa Massimo, non ci rimane che passeggiare per altri 500 metri a piedi ed arrivare al Colosseo, simbolo  universale di Roma arriviamo poi ai giardini antistanti e seduti su di una panchina che ci permette uno dei panorami più belli al mondo ci godiamo la vacanza  prima di tornare nella nostra stanza!!
BUONA ROMA 

Villa Massimo
Via Matteo Boiardo, 16
Orari di apertura: martedì e giovedì 9.00 - 12.00 e 16.00 - 19.00 domenica 10.00 - 12.00
Ingresso gratuito




Dottoressa Federica Giusti
3382188010


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