Bed And Breakfast a Roma:ACQUEDOTTI ANTICHI

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domenica 3 marzo 2013

PASSEGGIANDO PER ROMA: IL GHETTO
























I LUOGHI EBRAICI A ROMA....passeggiando per il GHETTO
Con questa carrellata di foto vi abbiamo voluto dare un piccolo anticipo di scorci secolari che costellano questo particolare angolo di Roma dove si fondono e convivono la storia e la cultura di Roma stessa.

Il GHETTO era storicamente il quartiere della città in cui venivano segregati gli Ebrei, generalmente cinto da un muro e soggetto a coprifuoco.
In Europa i primi ghetti comparvero nel XIV secolo, anche se il nome appare per la prima volta nel 1516 a Venezia dove gli Ebrei erano confinati nel quartiere della nuova fonderia, appunto gheto in veneziano o forse il termine può risalire al caldeo geth segregazione.
Il Ghetto ebraico di Roma è tra i più antichi ghetti del mondo, è sorto infatti 40 anni dopo quello di Venezia che è il primo in assoluto.
Ma la comunità ebraica di Roma è considerata la più antica al mondo, poiché se ne conosce l'esistenza sin dal tardo II secolo a.C., quando giungevano schiavi dalla Palestina, allora sotto il dominio romano.
Tanto nei primi secoli quanto durante tutto il medioevo, gli ebrei romani non ebbero particolari difficoltà di convivenza con la locale popolazione cristiana; la loro principale attività era il commercio. Ma i tempi si fecero duri nel tardo Rinascimento quando la Chiesa di Roma, dopo lo scisma protestante, diede un grosso giro di vite nei confronti della popolazione non cristiana. Il neoeletto papa Paolo IV decise di rinchiudere l'intera comunità ebraica entro un'area molto ristretta e impose severe leggi discriminatorie. Questa non fu l'unica misura repressiva per cui questo papa viene ricordato: nel 1559 istituì l'Indice dei Libri Proibiti, una lunga lista di titoli che tra gli altri comprendevano qualsiasi testo scritto da autori non cattolici, a prescindere dall'argomento, qualsiasi edizione della Bibbia considerata non ortodossa, qualsiasi libro di astrologia e predizioni. Inoltre era fatto divieto di leggere la versione autorizzata della Bibbia in volgare a qualsiasi donna e a chiunque non conoscesse il latino (a tal fine, andava infatti richiesto uno specifico permesso!).

Il quartiere in cui furono confinati gli ebrei, conosciuto come il ghetto, comprendeva le poche strette vie situate fra piazza Giudea (oggi scomparsa) presso la chiesa di Santa Maria del Pianto, i resti del Portico d'Ottavia e la riva del Tevere presso l'Isola Tiberina (nella mappa sotto riportata guardate il RIONE SANT'ANGELO)


In seguito alla bolla del 1555 di Paolo IV, intitolata Cum nimis absurdum (cioè "quando il troppo è inopportuno"), furono innalzati degli enormi portoni a chiudere fisicamente l'area entro la quale avrebbero dovuto risiedere i circa 3000 membri della comunità ebraica, che è infatti menzionata nei testi dell'epoca come recinto degli Hebrei, per una superficie totale era di circa 3 ettari. Come si presentava agli occhi di un'osservatore lo descrive in forma concisa ma efficace Giuseppe Berneri in un'ottava del suo poema dialettale Il Meo Patacca, della fine del '600

Il Ghetto è un loco al Tevere vicino,
Da una parte, e dall'altra a Pescaria;
È un recinto di strade assai meschino,
Ch'è ombroso, e renne ancor malinconia.
Ha quattro gran portoni, e un portoncino;
Il dì s'apre, acciò el trafico ce sia,
Ma dalla sera inzino a giorno ciaro,
Lo tiè inserrato un sbirro portinaro.
Il Ghetto è un luogo prossimo al Tevere
Da un lato e al mercato del pesce dall'altro;
È un recinto di strade assai povero,
Perché è buio e mette anche malinconia.
Ha quattro grandi portoni e un portoncino;
Di giorno si apre, affinché si possa transitare,
Ma dalla sera fino a giorno fatto

Lo tiene chiuso una guardia che fa da portinaio.


I residenti potevano lasciarlo solo durante il giorno; poi, dal tramonto all'alba successiva, i tre accessi al quartiere venivano serrati a mezzo di grosse porte, sorvegliate da guardie, la cui retribuzione era a carico della stessa comunità.
Fuori del ghetto gli ebrei maschi dovevano indossare un pezzo di stoffa gialla sul berretto, mentre le donne dovevano portare uno scialle o un velo dello stesso colore, per essere facilmente identificabili.
Non era permesso loro di possedere beni immobili; le case dove abitavano venivano prese in affitto da proprietari non ebrei, che le affittavano ai membri della comunità a prezzi calmierati da una legge chiamata Ius Gazzagà. Di norma, il contratto di affitto passava in eredità ai discendenti del primo locatario, per cui molti appartamenti venivano occupati dalle stesse famiglie per varie generazioni,nella foto che ritrae l'androne di un palazzo in via portico D'Ottavia vediamo il sovrapporsi di epoche architettoniche dovuto all'innalzamento degli edifici a causa dell'aumento della popolazione residente in quella zona.


Solo dopo la BRECCIA DI PORTA PIA e l'annessione di Roma al Regno d'Italia, terminato quindi il potere temporale dei papi, il ghetto fu abolito così come le norme comportamentali a discrimine dei cittadini ebrei di Roma.
Nei primi anni del '900, poco dopo la riapertura del ghetto, molte delle case originali del quartiere furono demolite, in parte perché in pessime condizioni, ma in parte anche per seguire la politica urbanistica di quell'epoca, che mirava ad allargare molte strade per motivi di viabilità legata al crescente traffico dei veicoli, anche a costo di commettere dei veri e propri scempi architettonici. La topografia del luogo quindi appare oggi pesantemente modificata, soprattutto nella parte adiacente al fiume, ma i vicoli superstiti della parte più interna conservano ancora un'atmosfera magica, una miscela molto particolare di storia, architettura e tradizione.
proprio in questa atmosfera vogliamo farvi immergere!

La passeggiata nel Ghetto di Roma dura circa due ore. L’ingresso è gratuito in tutti i monumenti.

Partenza dal B&B ACQUEDOTTI ANTICHI fermata metro subaugusta scendere alla fermata repubblica una passeggiata per Via Nazionale che poi prende nome Via 4 Novembre ed eccoci arrivati a Piazza Venezia proseguendo per Via del teatro Marcello ci immettiamo nel Ghetto imboccando via Montanara.
Ed ecco a voi una breve descrizione di passeggiata.

Iniziamo dalle colonne superstiti del Portico di Ottavia dove fu eretta nel Duecento la Chiesa di S. Angelo in Pescheria, sede delle prediche coatte. Il nome “in Pescheria” fa riferimento al mercato del pesce sviluppato in questa zona fin da epoca molto antica.


Procedendo verso Via Arenula si può osservare a destra il vicolo della Reginella, utile a offrire un'idea, insieme al vicolo di S.Ambrogio, dei percorsi esistenti prima della ristrutturazione urbanistica. Un cartello in evidenza dice Sabra-Kosher: indica cioè un esercizio dal caratteristico nome ebraico nel quale si possono trovare alimenti secondo le regole alimentari ebraiche, con garanzia da parte del Rabbinato. L'isolato compreso tra i due vicoli corrisponde all'edificio inserito nel ghetto nel 1825, sotto papa Leone XII, con finanziamento dei banchieri ebrei Rothschild, i quali con ricche elargizioni avevano sostenuto lo Stato Pontificio.


Dal portico d'Ottavia procedendo in direzione del Tevere troviamo nei pressi del Ponte Quattro Capi la Chiesa di S. Gregorio in Divina Pietà. La chiesa fu intitolata a S. Gregorio dato che nella zona erano le Domus degli Anicii, famiglia patrizia romana che diede i natali a Papa Gregorio Magno (590-604), difensore degli Ebrei.

Il Ponte Quattro Capi è chiamato anche “Pons Judaeorum” e permette il passaggio all'Isola Tiberina. Nei locali dell'antico ospedale israelitico sull’isola sono presenti le stanze della “sinagoga dei giovani”, molto amate appunto dai giovani ebrei romani. Un ricordo molto triste si collega all'altro ospedale, il Fatebenefratelli, dove furono ricoverati i circa quaranta feriti dell'attentato terroristico dell'OLP avvenuto nel 1982. Nel terribile attentato rimase ucciso anche un bimbo di due anni.

Dietro il Portico di Ottavia si osserva l'abside di S. Maria in Campitelli nella famosa Piazza Campitelli.


Nel 1467 l'avvocato Lorenzo Manilio, volendo contribuire al decoro della città di Roma, costruì la propria abitazione “ad forum Judaeorum”: di fronte la Piazza degli Ebrei, o Piazza Giudia, che verrà più tardi letteralmente tagliata in due dal muro del ghetto. La facciata della casa reca l’iscrizione in greco e latino e altri bassorilievi ornamentali. Nel lato opposto, la Chiesa di S. Maria del Pianto, sorta intorno a un'icona dipinta sul muro e legata ad un episodio miracoloso. E' una delle 16 chiese che si trovavano in questo angolo estremamente suggestivo di Roma. Nei pressi sono rimaste ancora la chiesa di San Tommaso ai Cenci, di Santa Caterina dei Funari, San Stanislao dei Polacchi e quella che sorge sulla casa della famiglia di Sant’Ambrogio.

Di fronte a casa Manilio, in Piazza Giudia, era la graziosa fontana che ora vediamo dietro S. Maria del Pianto e davanti a Palazzo Cenci. E' una fontana di Della Porta e ha vissuto una storia tormentata in quanto fu più volte spostata e modificata. Palazzo Cenci inoltre fu temporaneamente incluso nel ghetto dopo l'ampliamento resosi necessario nel 1836 all’epoca di Gregorio XVI.
La bella piazzetta Mattei ospita come in uno scrigno, lo stupendo e prezioso gioiello che è la fontana delle Tartarughe. La sua indimenticabile immagine si offre improvvisamente allo sguardo, accedendo da una delle altrettanto preziose stradine che vi confluiscono, delimitate dai bei palazzi del '500 e del '600. E' senz'altro una delle più graziose fontane di Roma in stile fiorentino. Fu costruita su progetto di Giacomo Della Porta nel 1581/84. le sculture in bronzo sono del toscano Taddeo Landini e danno quel tocco di stile fiorentino alla fontana. Sono quattro efebi ben modellati che spingono verso la vasca più in alto delle tartarughe per farle bere all'acqua fresca che viene raccolta dal sommerso zampillo. Sembra che i quattro efebi in un primo tempo dovessero spingere verso il catino superiore quattro delfini come quelli che stanno sotto di loro, ,ma pare che questi non piacquero e furono invece messi nella prima versione della fontana della Terrina a Campo de' Fiori. Qui, nella fontana di piazza Mattei, vennero collocate solo più tardi le tartarughe. C'è una curiosa leggenda che si racconta sulla costruzione della fontana, che in effetti ci appare molto fantasiosa, ma che dà un tocco romantico all'atmosfera che sa creare la fontana e tutta la piazzetta che la raccoglie rallegrandosi della sua presenza. Si narra che il duca Mattei volesse vendicarsi di un signore della zona che non voleva cedergli in moglie la propria figlia, dicendo ai "quattro venti" che non sarebbe mai diventato suocero di un uomo seppur nobile ma squattrinato. Il Mattei infastidito alquanto dalle voci messe in giro dal mancato suocero, organizzò una bella festa nel suo palazzo in piazza Mattei ed invitò anche questo ricco signorotto. Dopo una piacevole serata ed una notte di bagordi, spettacoli e balli, il mattino seguente alle prime luci dell'alba, il Mattei portò il suo ospite ad una finestra che dava sulla piazza e gli fece vedere la fontana che la sera prima non c'era. Volle dimostrare al signorotto cosa avrebbe perso non accettando di diventare suocero di un Mattei, che non aveva soldi abbastanza per sua figlia ma che era capace di costruire una tale meraviglia in una notte. Subito dopo, fece murare la finestra perchè da questa nessuno potesse più vedere la fontana. In realtà il Mattei doveva veramente essere un uomo potente: infatti questa fontana era destinata all'antica piazza Giudea, ma il nobiluomo riuscì con diplomazia a fare in modo che la fontana del Landini fosse posta nella piazza davanti al suo palazzo. Se poi questo avvenne nel giro di una notte, non si sa. Anche se, obiettivamente, la cosa resta molto improbabile.

Proseguendo vediamo Piazza delle Cinque Scole: il nome ricorda il Palazzetto delle Cinque Sinagoghe che era in questo punto, e che scomparve con la ricostruzione. Uno dei divieti del ghetto era quello di non costruire più di una sinagoga, indipendentemente dal numero degli ebrei e soprattutto senza considerare la notevole varietà di etnie (catalani, aragonesi, siciliani e numerosi altri). Il divieto fu in parte aggirato includendo in un unico palazzo ambienti diversificati per ogni gruppo etnico.

La Sinagoga, o il Tempio, come è chiamata dagli ebrei romani, testimonia la riconquistata cittadinanza della comunità israelitica dopo l’onta del ghetto. Gli architetti Armanni e Costa la costruirono nel 1904. Essi non erano ebrei: la comunità non aveva ancora diritto ad avere architetti propri. E' frequentata praticamente dalla quasi totalità degli ebrei romani, sebbene a Roma vi siano almeno altre cinque sinagoghe minori in altri Rioni. Lo stile della Sinagoga è un misto di Liberty e Arte Babilonese, con esplicito richiamo alla derivazione medio-orientale della religione ebraica e allo stile in voga all’epoca della fabbrica. Non presenta immagini ma esclusivamente simboli; le numerose scritte in ebraico sono quasi tutte tratte dalla Scrittura e contribuiscono a esaltare la sacralità della Sinagoga di Roma. Sul lato sinistro della facciata si scorgono ancora le cicatrici lasciate dall'attentato compiuto dall’OLP il 9 ottobre 1982, che causò il ferimento di 40 persone e la morte del piccolo Stefano Tachè, di soli due anni.

Proseguendo il percorso attorno alla Sinagoga si passa davanti all’ingresso che conduce alla Sinagoga Spagnola, quindi si giunge davanti alla Chiesa di S. Gregorio ai Quattro Capi. Negli edifici annessi alla Sinagoga è situato il Museo Ebraico di Roma. Sul lato rivolto verso il Tevere, il muro della Sinagoga presenta diverse lapidi di grande interesse storico. Esse ricordano la lunga serie di ebrei caduti durante la prima guerra mondiale e le vittime ebree delle Fosse Ardeatine.
Nel Ghetto potrete trovare molti locali che offrono cucina Kasher (kosher) pizzerie a taglio e fast food compresi.

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